Molly: questa è una storia vera.

Molly

Questa è una storia vera.

Decisamente, Molly non si considerava nata sotto una buona stella. La sua convinzione, pensava, non era soggettiva, piagnucolante e autocommiserativa, ma derivava da un dato di fatto: anzi, da una serie di dati di fatto, a cominciare dalle sue origini. La madre era una sbandata almeno quanto il suo improbabile padre e i due, che condividevano la scelta di non stare mai fermi in uno stesso posto, non avevano avuto dubbi decidendo di abbandonare la figlia in mezzo ad una strada, non rimpianti, né rimorsi: anzi, ritenevano di avere compiuto una scelta naturale data la loro situazione e, convinti come erano che Molly avrebbe presto trovato una nuova famiglia, credevano di essere stati lungimiranti e assennati. “Molly è così bella che nessuno resisterà ai suoi occhioni color castagna – avevano pensato- e ci sarà la fila di signori e signore pronti a disputarne l’adozione”.
Ma le cose non sempre vanno come speriamo e infatti Molly, dopo lunga precarietà ora presso l’uno, ora presso l’altro, una volta cresciuta si ritrovò sbandata come i suoi genitori e per giunta sola. I suoi occhioni color castagna erano davvero bellissimi e lei era diventata, malgrado la magrezza, altrettanto bella, ma tanta meraviglia era riuscita a colpire solo un bastardo di passaggio, cui Molly si diede solamente per desiderio di un po’ di amore. Fu un incontro fugace, che la lasciò gravida di due gemelli: malgrado tutto, Molly portò avanti la sua gravidanza, sempre arrangiandosi nel mondo dei reietti che oramai conosceva alla perfezione.
Aveva dovuto presto imparare a mostrare i denti non per sorridere in cerca di aiuto, ma per difendersi da chi costituiva per lei un pericolo: e siccome la migliore difesa è l’attacco, se c’era da azzuffarsi non si tirava indietro perché era forte e scattante, tanto che nel suo giro si era fatta la fama di una cui non era proprio il caso di creare problemi. Ma nel suo cuore Molly era una creatura tenera, che voleva solo una casa, una famiglia da amare e che la amasse: tutte cose che le erano state da sempre negate, ma che ora voleva a tutti i costi dare ai suoi piccolini. Non aveva avuto una madre, non sapeva che cosa si dovesse fare per esserlo, ma era sicura che, rimettendo ordine nei suoi ricordi accantonati spiando le varie madri che aveva conosciuto qua e là, avrebbe trovato qualche indizio sicuro per diventare bravissima. Ci sarebbe riuscita, cascasse il mondo: quello stesso mondo spietato che però, ben presto lo verificò, se ne infischiava di lei e della sua gravidanza. Cercava di avere pasti e sonni regolari, di trovare un posto sicuro e definitivo per dormire, specie in vista del parto imminente, ma l’impresa era quasi impossibile.
Partorì, come aveva previsto, da sola: guardò i piccolini, un maschio e una femmina, e si sentì tremare il cuore alla vista di quelle creaturine così gracili e indifese. Il maschio era scuro come lei, la femmina rossiccia: come il padre, le sembrava di ricordare. Capì che il maschio era grave, che doveva fare qualcosa per salvare le sue creature e che doveva agire in fretta: tempo prima aveva visto che in una casa, alla fine della strada fuori città dove aveva trovato un rifugio precario, era venuta ad abitare una coppia. Marito e moglie, che arrivavano da lontano e in quella casa isolata passavano le vacanze, le avevano fatto una buona impressione: così si era detta che, magari, avrebbero potuto avere bisogno di lei per custodire la casa in loro assenza e aveva deciso che si sarebbe presentata dopo il parto, per avere più chances di essere accettata. Ma ora la situazione era precipitata e Molly, raccolte le sue ultime forze e i due piccolini, aveva fatto solo in tempo ad arrivare davanti al cancello prima di cadere a terra, esausta.
Anche per i derelitti, a volte, nel cielo si accende una luce e fu per questo che la Signora, che per fortuna stava in giardino a curare i fiori, vide quella madre disperata e le sue creature; corse vicino a quella povera famiglia, gridò al marito “Presto, aiutami!” e subito telefonò al dottore. Il maschietto non ce la fece; la femmina, invece, venne salvata dalle cure mediche e della Signora. Molly era una combattente e, volendo tornare presto in forze per accudire la sua piccola, si riprese in fretta, confortata da pasti regolari, assistenza, affetto. C’era un locale in giardino, la cucina estiva, che la Signora e suo marito le avevano offerto perchè avesse una sua casa, un rifugio tutto suo da dove (… non ci poteva credere!) si vedevano perfino fantastici tramonti sul mare.
Molly fu una madre meravigliosa, sempre accanto alla figlia che diventava ogni giorno più bella e forte: senza bisogno di timbri e bolli, si era messa d’accordo con i Signori che, in cambio di vitto, alloggio e qualche extra, sarebbe stata la custode della casa anche quando tornavano nella loro città.
Le sembrava un sogno e furono giorni felici per tutti: ma Molly, si diceva, forse non era nata sotto una buona stella. Lei ne fu definitivamente convinta quando sua figlia, una sera, non tornò a casa: aspettò, la cercò, la cercarono con lei anche la Signora, suo marito, gli amici… Niente: scomparsa. Molly, per settimane, malgrado fosse oramai chiaro a tutti che la figlia, non si sa per quale ragione, aveva deciso di andarsene, guardava il cancello, speranzosa. “Sarà il sangue bastardo che le hanno passato i miei genitori, suo padre e anche io ad averla fatta scappare… Che almeno stia bene, che non sia finita nelle mani sbagliate…”. “E’ giovane, bellissima, piena di vita: avrà fatto gola a qualcuno”, sentì dire tristemente, un po’ di tempo dopo, dalla Signora ignara di essere ascoltata. Molly si allontanò in silenzio, guardando il sole che tramontava livido sul mare.
La vita, malgrado tutto, riprese il suo corso: la Signora e suo marito le volevano bene e lei oramai li considerava la sua famiglia. La loro casa era la sua e quando la coppia partiva si sentiva così triste che, se avesse potuto, avrebbe pianto: ma non poteva, non era nella sua natura. Però, quando ritornavano la sua gioia era così immensa che non riusciva a trattenerla e, con grande divertimento di tutti, si metteva perfino a saltare. Anche il Signore e la Signora avevano Molly sempre nei loro pensieri: li preoccupava saperla sola in quel posto isolato e pensarono anche di portarla con sé quando rientravano nella loro città lontana. Ma Molly, era evidente, era una creatura libera e avrebbe sofferto non poco per il cambiamento, abituata come era a quei posti aspri, al loro bello e a loro brutto: li avrebbe seguiti, questo sì, ma per lei sarebbe stato un nuovo, enorme sacrificio e loro non volevano farla star male: “Ha già patito abbastanza”, si dissero. Così, a poco a poco, finirono con l’organizzare i loro impegni professionali in funzione di lei, cercando di stare lontani dalla casa di vacanze il meno possibile. Anzi, ad un certo punto programmarono di trasferircisi definitivamente: si trattava di aspettare tre o quattro anni e poi, finalmente in pensione, la famiglia – Molly compresa, naturalmente – non si sarebbe più separata.
Quella mattina, una luminosa mattina di luglio, la Signora preparò il solito caffè al marito: lui era sempre un po’ distratto, specie appena sveglio, e lei, di spalle perché stava lavando i piatti della sera precedente, gli brontolò forte quando sentì cadere la tazzina per terra: “Possibile che tu sia così sbadato? Ecco, ora mi tocca pulire. Ti sei fatto male? Stai almeno attento a non tagliarti”. Ma lui non le rispose: non poteva farlo più.
Molly si precipitò in casa quando sentì la Signora urlare: corse a chiamare il giardiniere, che per fortuna quella mattina era al lavoro, e poi, di colpo, non seppe più che fare. Rimase lì, immobile, al cancello, ad aspettare che la Signora tornasse dall’ospedale, magari con suo marito; sperò che si trattasse solo di un malore, che tutto si rimettesse a posto, come prima, come sarebbe stato giusto. Ma le cose non sempre vanno come speriamo e il Signore non ritornò più.
I giorni seguenti in casa ci fu un via vai ininterrotto di persone che entravano e uscivano senza che lei, che pure avrebbe dovuto farlo, le controllasse. Tutti la conoscevano per essere un tipo tosto e tutti rimasero colpiti dai suoi silenzi e dallo sguardo castagna che non distoglieva mai dalla sua Signora, distrutta dal dolore: non si allontanò un attimo da lei fino a quando la casa venne chiusa e la Signora ritornò alla sua città. Non emise un suono per giorni, ma quando le due si salutarono i loro sguardi si dissero infinite cose, fra le quali: “Tranquilla, alla casa penso io”. Molly ora aveva un motivo in più per stare vicina alla sua Signora: adesso erano più sole, ma insieme sarebbero comunque state casa, famiglia, amore.
Da quei giorni di dolore sono trascorsi due anni.
La Signora e Molly sono casa, famiglia, amore.
Quando si ritrovano la loro gioia è immensa; quando si salutano la malinconia è struggente. La Signora cerca di stare con Molly il più possibile e Molly, che nel frattempo si è un po’ ammorbidita e si è fatta qualche amicizia fra i vicini di casa, lascia tutto e tutti per starle accanto, quando l’altra ritorna.
La loro storia, una storia vera, ha commosso tutti: ha commosso anche me, che conosco bene e amo la Signora e Molly, e per questo ho voluto raccontarvela.
Ah, dimenticavo: Molly è una bellissima meticcia nera dagli occhioni castagna. Quando sta con la sua Signora, sorride.
Giancarla Paladini

( nella foto: Molly che “sorride” alla sua Signora)

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