“Una casa sul Mare del Nord”, Nina George: chiacchierata con l’editor Anna Pastore

“Una casa sul Mare del Nord”, Nina George

Sperling&Kupfer

€ 16.90

Pagg 314

 

Agosto rappresenta per molti il periodo migliore per dedicarsi alle letture, magari quelle che consentano anche alla mente di andare in vacanza: ecco perché, proprio di Ferragosto, ho scelto un libro che possiamo definire “sentimentale”, o “al femminile”, o “rosa”.

La dicitura sottintende, con non poco sarcasmo, che tutto ciò che parla d’amore sia appannaggio di svenevoli donnicciole romantiche e che i LETTORIQUELLIVERICHESANNOILFATTOLORO mica perderebbero tempo con pagine in cui “cuore” fa inevitabilmente rima con “amore” e “dolore” (e qui, pensate un po’, anche con “suore”) …!

Razzismo culturale, lo definirei, perchè ci può essere una buona qualità di scrittura anche nella letteratura di intrattenimento: dunque, avviciniamoci con mente aperta e serena a “Una casa sul Mare del Nord” (Sperling& Kupfer), secondo cimento nel genere della scrittrice tedesca Nina George; il suo precedente “Una piccola libreria di Parigi”, stesso editore italiano, è diventato un best seller internazionale che, molto atteso, sta approdando anche negli States.

“Una casa sul Mare del Nord” racconta una fiaba – fortemente sentimentale – di rinascita personale e di amicizia, in cui paesaggi splendidi, complicate vicende personali e fame d’amore dei protagonisti si accompagnano al piacere offerto dalla buona cucina tradizionale bretone, dalla musica popolare e dalle tradizioni locali, il tutto condito da una spruzzatina di magia: non dimentichiamo che, in fin dei conti, ci troviamo nelle terre di Merlino e della Dama del Lago!

Ecco l’intervista ad Anna Pastore, editor per Sperling& Kupfer, il cui sonoro originale trovate in alto, nella sezione audio di questa pagina.

Canzone consigliata: “With a little help from my friends”, The Beatles.

 

 

GIANCARLA: Come consuetudine, le chiedo di riassumere la trama del libro.

ANNA PASTORE: Molto volentieri: siamo in Francia, come era successo con il primo libro di questa autrice tedesca, Nina George, e la protagonista è Marianne, una signora che ha deciso di cambiare vita; in realtà, ha deciso di rinunciare a una vita che era stata abbastanza frustrante… E poi, essendo a Parigi, essendo sulla Senna ed essendo accompagnata da personaggi abbastanza straordinari Marianne cambia davvero vita e la cambia in modo un po’ magico… Leggendolo, mi  sono venuti in mente diversi libri e diversi film: ho pensato, per esempio, a “Pane e Tulipani”, il film di Silvio Soldini in cui la protagonista veniva abbandonata in autostrada dal marito, ma questo era per lei un momento di cambiamento straordinario.

G.: Diciamo che la cosa particolare che riguarda la protagonista, ed è già implicita nelle sue parole, è che non stiamo parlando di una ragazzina, ma di una signora di sessant’anni o poco più: quindi diventa intrigante, e doloroso per molti aspetti, doversi inventare una vita quando nel momento in cui se ne dovrebbero raccogliere i frutti…

A.P.: Sì, questa è una particolarità e una delle cose che ho trovato molto belle della scrittura della George. Stiamo parlando, come diceva lei, di un romanzo di “intrattenimento”, di quelli che suscitano emozioni e, comunque, fanno anche un po’ pensare… Se nel primo libro, “Una piccola libreria a Parigi”, protagonista era un uomo di cinquant’anni, la protagonista di “Una casa sul Mare del Nord” è una donna di sessanta: in tutti e due i casi, però, l’Autrice ha il “cuore grande” di far rinascere, o ricominciare da capo, i suoi personaggi e, tutto sommato, se è vero che a sessant’anni, o a cinquant’anni per qualcuno, la vita si è un po’ assestata, è bello pensare che nel caso uno non sia felice possa tornare ad esserlo. Anche a cinquanta o sessant’anni. Mi viene in mente che stavo appunto parlandone con Nina George a Torino, perché è stata  al Salone del Libro in quanto la Germania era il Paese ospite, e, tra le varie cose, citavamo gli Autori che avevano fatto della vecchiaia una età felice (non soltanto di saggezza, ma anche di felicità): tra questi c’è Seneca che, riflettendo sulla brevità della vita, dice: “Non dobbiamo perdere tempo. Non è vero che non c’è tempo: è che noi lo perdiamo…”. E Marianne non lo perde.

G.: …Anzi! Diciamo che lo recupera alla grandissima! Mi ha fatto sorridere, anche se leggendo il libro si capisce come mai l’Autrice abbia scelto proprio quello, il nome del marito di Marianne, che è veramente quanto di peggio possa capitare nella vita di una donna: si chiama- lo dico per i futuri lettori- Lothar, che fa venire subito alla mente Mandrake… C’è una fortissima ironia in questa scelta…

A.P.: Assolutamente sì. Nina George è una quarantenne che ha scritto tantissimi libri “di genere” ed è arrivata alla scrittura più classica con questi romanzi. Ha uno spirito ironico formidabile: diciamo che, se volessimo proprio seguire i clichè, non ha uno spirito ironico particolarmente tedesco, è molto più francese, tanto è vero che lei vive ad Amburgo per la maggior parte del tempo, ma ha una casa sulla costa della Bretagna, dove scrive, e probabilmente ha assorbito quell’ironia sottile che hanno spesso i Francesi.

G.: Sì, è un’ironia che mi ha fatto, molto più domesticamente, pensare ai Toscani, perché sono persone burbere ma di gran cuore quando si tratta di stringersi attorno a una persona che amano; va detto che Mari-anne (che diventa poi Marianne: non a caso, anche qui, il nome è del simbolo della rivoluzione francese, e addirittura scopriremo che diventerà, in un’altra forma, Anne Marie) viene notata da queste persone, mentre per tutta la vita è stata per il marito come trasparente. Ora: devo dire la verità. Mi sono accostata alla lettura di queste pagine con un po’ di aria di sufficienza, perché si tratta di letteratura, potremmo dire, “al femminile”, “rosa”: invece sono rimasta incantata dalla tecnica di questa scrittrice; le sue sono autentiche pennellate, il paesaggio è un acquerello. Lei dice che conosce benissimo la Francia: c’è anche dell’autobiografismo?

A.P.: No: solo indirettamente. Se lei intende per “autobiografismo” un’esperienza personale, direi di no: Nina è sposata con un signore molto sexy che fa lo scrittore, hanno una vita fantastica e quindi non c’è questo aspetto. Sicuramente, però, ha incontrato dei personaggi come questi, questo sì!

G.: … Questo sì. E si capisce, perché si coglie proprio l’assoluta padronanza della materia: sono molto belle le figure femminili.

A.P.: Sì: trovo che Nina George sia molto brava a raccontare i personaggi in generale, ed è questa la cosa che colpisce tanto nei romanzi di intrattenimento ben fatti: personaggi che abbiano una consistenza “reale”, anche se poi c’è un po’ di magia, nei suoi libri. E’ brava, Nina George, perché racconta varie sfaccettature del personaggio: Marianne è una signora di sessant’anni che è stata infelice per tanto tempo, ma che riesce a trasformare la propria infelicità in serenità, ed è realistico quello che lei racconta, perché fa un decorosissimo scavo psicologico del personaggio. E come lei ce ne sono altri. Io trovo che sia molto brava anche a raccontare gli uomini: o, forse, racconta degli uomini che piacciono molto alle donne!

G.: Beh, sì, ce ne sono alcuni che effettivamente vorremmo conoscere! … No, è vero: questa descrizione della psicologia del personaggio (penso soprattutto alle prime pagine) è davvero bella, perché il libro parte in tono molto drammatico e poi, via via, si alleggerisce. C’è un passaggio che mi ha colpito e che, se vuole, è l’uovo di Colombo: è quando dice che le donne diventano brutte se hanno vicino qualcuno che non le ama veramente. Credo che questa frase sia la chiave di volta del romanzo. Allora le chiedo: da esperta, discostandoci da questa Autrice, è facile raccontare il sentimento senza scadere nel sentimentalismo? … Perché secondo me è una delle cose più difficili, per un Autore…

A.P.: Sì, è molto difficile, nel senso che raccontare i sentimenti in modo ripetitivo e bidimensionale, meccanico, con una sequenza di atti o di passaggi è abbastanza facile e può essere anche soddisfacente per un lettore. Penso che invece raccontare i sentimenti in modo convincente sia la proprietà di quegli scrittori che sanno costruire dei personaggi “veri”, autentici: non ci sono tantissimi scrittori – naturalmente stiamo sempre parlando di narrativa di intrattenimento- che siano capaci di fare questo passaggio, da intrattenimento un po’ meccanico a un libro che non ti cambia la vita, ma che ti convince e in cui ti puoi anche ed eventualmente identificare, che ti intrattiene e ti emoziona. Poi, naturalmente, c’è anche la letteratura che magari ti fa pensare.

G.: Beh, ma qui qualche pensiero lo si fa, pur restando, lo abbiamo detto e ripetuto, all’interno di un certo genere; tra l’altro si imparano i dialetti e si sa molto anche di musica, perché scopriremo che la protagonista è forse più un’artista che altro, e trova questa sua arte nella cucina e nella fisarmonica, uno strumento a sua volta simbolico con questo respiro che la vita può prendere o perdere a seconda che ci si muova nella maniera giusta o meno. Però, in conclusione di questa chiacchierata, siccome metto sempre una indicazione per ascoltare un brano musicale, se lei è d’accordo non suggerirò il “Libertango”, che diventa il Gran Finale musicale del libro: pensavo ad una canzone dei Beatles “With a little help from my friends”.

A.P.: …Che bellissima idea! Sono assolutamente d’accordo! Nel libro vengono citate altre canzoni: una di queste è “Figlio della luna” (“Hijo de la luna”), un canzone di origine spagnola, e poi c’è il tango… però mi sembra un’ottima idea, perché racconta esattamente come si possa, attraverso gli amici, ricreare una famiglia vera.

G.: Allora a chi consigliamo la lettura di questo libro?

A.P.: … Beh, a tutti, ovviamente! …Sicuramente penso che sia giusto soprattutto per le donne (anche se secondo me è istruttivo anche per gli uomini) … diciamo dai trentacinque in su. Secondo me, funziona!

G.: Perfetto. Voglio ricordare, perché non lo abbiamo ancora fatto, che il suo nome per me è indissolubilmente legato a uno dei libri più belli che io abbia letto, e non vorrei sembrare esagerata: “Storia di una ladra di libri” (di Markus Zusak, Frassinelli Editore, 2014: ndr), un libro del quale abbiamo parlato insieme, che continua ad essere un grande, grandissimo successo di pubblico ed è legato anche alla sua sensibilità. Sta ancora vendendo tantissimo, giusto?

A.P.: Sì, è ancora in classifica, sta ancora vendendo molto bene; credo che veramente sia stato un successo trasversale e che quindi sia diretto anche alle giovani generazioni. In questo senso, credo che sia un successo ancora maggiore.

G.: …E così, già che c’eravamo, abbiamo suggerito due libri, invece che uno!

 

 

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