“Scarpe Diem-Geobiografia di Nino A.”: chiacchierata con Andrea Chiesura.

Andrea Chiesura, “Scarpe Diem- Geobiografia di Nino A.”

Gruppo Albatros Il Filo

Pagg 231

€14,90

Un giorno, circa dieci anni fa, arriva nel circolo del biliardo dell’Autore una specie di alieno, estraneo a quel mondo: all’inizio non viene accolto con calore dai presenti, ma poco a poco non solo viene accettato, ma diventa addirittura presidente del circolo che sorgerà sulle ceneri del precedente.

L’alieno si chiama Nino A.: è nato il 9 aprile 1947 a Cefalù, in provincia di Palermo; la sua famiglia è di Lascari, un paesino a pochi chilometri da lì.

Così comincia la storia di un bambino che, destinato dalla sua umile origine familiare, dai tempi difficili del dopoguerra e dal povero luogo di nascita a fare immediatamente dopo aver assolto l’obbligo scolastico il muratore, il panettiere o il fornaio, diventa un ottimo studente, poi un giovane professionista molto promettente e quindi un importante imprenditore a livello internazionale.

Ci riesce impegnandosi e assumendo decisioni e scelte audaci: lascia la sua terra, approda al Nord, studia e lavora moltissimo, anche facendo durante l’estate il muratore ed il panettiere per aiutare la sua famiglia, che per il suo avvenire a sua volta si sta molto sacrificando e si è addirittura trasferita all’estero per guadagnare di più e mantenerlo agli studi.

Nino A. (al secolo, Nino Anselmo) presto diventerà un importante manager nel mondo dell’abbigliamento e, soprattutto, delle calzature: viaggerà fra mille peripezie, affronterà strani plotoni di esecuzione, insospettabili terroristi e astuti predoni aziendali, incontrerà personaggi incredibili, sarà personalmente invitato da Mike Bongiorno al suo compleanno e prenderà il sole in California, vicino di ombrellone nientemeno che di Jack Nicholson.

Andrea Chiesuraci racconta con stile leggero e divertente la storia vera di un uomo che si è fatto da solo; un uomo di successo, che tuttavia al successo non ha sacrificato nulla dei grandi valori della vita: il coraggio di scelte spesso non facili ma sempre condivise con i familiari, l’amore infinito per i genitori e la riconoscenza eterna verso di loro, la responsabilità nei confronti delle grandi aziende per cui lavorava ma anche per chi vi lavorava, senza mai montarsi la testa.

Sembrerebbe un romanzo di formazione che racconta come si possa diventare un uomo di successo senza seminare cadaveri sul proprio cammino, qualcosa a detta di molti impossibile o possibile solo nel mondo della fantasia,… se non fosse che, come ho già anticipato, si tratta di una storia vera: una bellissima storia vera.

Ma attenzione: l’Autore, qua e là, giocherà a rimpiattino con il suo protagonista, di cui è amico e compagno di biliardo, in un sodalizio umano fortissimo.

L’AUTORE

Andrea Chiesura, coneglianese, classe 1970.
Dopo la maturità classica si laurea a Bologna per poi dedicarsi alla professione di avvocato.

È dirigente della F.I.Bi.S. (Federazione Italiana Biliardo Sportivo) e consigliere regionale del C.O.N.I.
Vive in mezzo al verde con la compagna, due figlie, due cani, una gatta, un’amaca e qualche pomodoro.

“Scarpe Diem- Geobiografia di Nino A.” è il suo primo romanzo.

Ecco l’intervista ad Andrea Chiesura, il cui sonoro trovate in alto, nella sezione audio di questa pagina.

Canzoni consigliate: “Il giocatore di biliardo”, Angelo Branduardi;
“La leva calcistica del ’68”, Francesco De Gregori.

da sx: Andrea Chiesura, Giancarla, Nino Anselmo.
(Fotografia gentilmente concessa da Paolo Bollani)

Giancarla: Il mio ben trovato ad Andrea Chiesura, autore del libro del quale ci stiamo occupando: “Scarpe Diem- Geobiografia di Nino A.”, edito da Albatros. “Ben ritrovato” perché io ho avuto il grande piacere di incontrare non soltanto Andrea Chiesura, ma anche il protagonista del libro. Cominciamo dal titolo: perché “Scarpe Diem”?

Andrea Chiesura: Grazie dell’invito. “Scarpe diem” in parte si rifà all’antico detto latino “cogli l’opportunità, cogli l’attimo”, e un po’ al mondo in cui è ambientato il libro, perché il protagonista ha la sua parabola imprenditoriale soprattutto nell’ambito delle calzature: ho unito il latinismo e la parola “scarpe” ed è nato il titolo che dà il senso alla storia.

G.: … Perché tu ci racconti la storia vera di una persona vera, che in un certo modo è diventata anche parte della tua quotidianità: chi è il protagonista?

A.C:  Il protagonista è un signore nato nel 1947 che è un mio amico e che frequenta lo stesso circolo sportivo che io frequento da tanto tempo: ci siamo conosciuti sui tavoli da biliardo. Da lì la conoscenza è maturata e nel tempo si è sempre più approfondita.

G.:  Però all’inizio il vostro non è stato un incontro felicissimo, non è che Nino A. ti avesse particolarmente conquistato…

A.C.: No: mi ha messo un po’ di tristezza, devo dire; la prima volta che è entrato nel circolo sembrava un po’ assente, si è seduto, ha iniziato a guardare qualche partita di biliardo quasi forse senza salutare nessuno, aveva uno sguardo distratto e non riusciva a concentrarsi neppure sulle traiettorie delle bilie. Mi ha raccontato in seguito che si era avvicinato al biliardo come forma di terapia: il quel periodo era sull’orlo di un esaurimento nervoso (ed era questo il motivo per cui lo avevo visto un po’ assente) e il suo medico gli aveva consigliato di dedicarsi a qualcosa di piacevole; lui si è ricordato che quando era adolescente aveva visto qualche volta giocare a biliardo e gli era piaciuto. Era il 2011: Nino è entrato in quella sala biliardo e non è più uscito, tanto è vero che oggi è lui il Presidente del circolo!

G.: …Perché se nasci “numero uno” rimani “il numero uno” …

A.C.: …Sì, torni ad essere “il numero uno”: la sua è una storia fatta di alti e bassi, di fallimenti e risalite, di avventure e di disavventure, però è la storia di un successo personale.

G.: Tu hai raccontato esattamente la biografia di Nino, la storia esemplare di questo esemplare, gentile, elegante Signore (e la S maiuscola non è casuale) e lo hai fatto sulla base di quello che lui stesso ti ha raccontato: ma come ha preso l’idea che tu volessi trasferire la storia della sua vita addirittura in un libro da pubblicare?

A.C.: Beh, lui non pensava che alla fine il libro venisse pubblicato: pensava di lasciare un ricordo ai suoi parenti, pensava che io confezionassi un PDF, glielo spedissi e lui potesse fare questo lascito ai suoi familiari; non immaginava che andasse a finire come è accaduto e il racconto si trasformasse in libro.

G.: Però questa è effettivamente una storia che merita di essere conosciuta, al di là della sua vicenda strettamente personale. Hai detto che c’entrano le scarpe: lascio a te il compito di riassumere in che modo sia arrivato al successo un signore che teoricamente doveva fare l’insegnante di lingua straniera e invece è diventato un grande manager nell’industria dell’abbigliamento.

A.C.:  Diciamo che forse non doveva nemmeno diventare un insegnante: forse avrebbe dovuto fare il calzolaio o il panettiere, perché suo padre era un umile calzolaio e poi i genitori sono andati a lavorare in un panificio. Lui parte da una condizione tale per cui nel paese in cui è nato non aveva neanche l’acqua in casa: poi, per una serie di ragioni riesce a diplomarsi e ad iscriversi all’Università; si trasferisce a Venezia, diventa professore ma si dimette dall’insegnamento per andare a lavorare alla Marzotto; da lì passa ad una ditta di tessuti brianzola, la Segalini, poi entra nella Lotto, collabora con Senigallia di Alpi Eagles e infine si ritrova ad essere distributore per l’Italia della Converse, sempre collaborando con la famiglia Caberlotto della Lotto. In realtà ha preso una strada del tutto inaspettata, non è che avesse un disegno preciso di quello che gli sarebbe potuto succedere: lui aveva la grande passione, la grande capacità di venditore e poi tutto quello che gli è successo è successo in modo un po’ inaspettato.

G.: Tra gli altri, c’è un bellissimo capitolo alla fine del volume: è il capitolo del se, le sliding doors (cosa sarebbe successo se…?). La domanda quindi è: esiste il caso, o lui se l’è anche andata a cercare la sua realtà, così diversa da quella che ci si sarebbe immaginati?

A.C.: … Questa è una domanda da duecento pistole…! Quel capitolo di riflessione l’ho scritto io pensando a quello che avrebbe potuto dire lui, perché non stavo narrando un episodio in particolare ma stavo tirando le fila del discorso. E’ una domanda che non ha una risposta: sicuramente è un intreccio di casualità, di talento, di un momento particolare e quindi torna anche qui, se vuoi, il “carpe diem”; il protagonista dice che più opportunità ti crei e più possibilità hai di coglierne alcune.

G.: Certo: ha avuto coraggio, che però noi diciamo a posteriori essere tale, perché nel momento in cui uno opera delle scelte drastiche come lasciare un lavoro sicuro per un altro forse sembra quasi più incoscienza. Però davvero forse è il coraggio la cosa che colpisce in lui, o l’ottimismo: o come vogliamo definire il suo essere esattamente nel momento in cui vive per coglierne le occasioni (che poi fossero già determinate oppure uno se le crei è un altro discorso)?

A.C.:  È uno sguardo ottimistico sul futuro che probabilmente è figlio dell’epoca che ha vissuto; probabilmente quello sguardo ottimistico calato nella realtà di oggi sarebbe più difficile ritrovarlo, è meno frequente vederlo negli occhi della gente. All’epoca (parliamo della metà anni ‘70 in poi) c’era la propulsione all’espansione anche economica e di conseguenza la gente si lanciava con o senza paracadute, perché aveva grande fiducia nel futuro.

G.: Io penso che Nino sia stato e sia anche un uomo fortunato: fortunato perché è molto in gamba, molto intelligente, e credo questo sia un dono che si riceve (poi, naturalmente, si devono mettere a frutto i propri talenti personali e lui ne ha avuti tanti); ma è stato fortunato fin dall’inizio perché è nato in una famiglia a sua volta intelligente, i suoi genitori sono state persone intelligenti, che potevano tranquillamente mandarlo – come dicevi tu giustamente prima – a fare il lavoro che era stato di tutta la famiglia, e invece si sono molto sacrificati per permettergli di studiare, di progredire. Mi ha davvero colpito, e vorrei anche quasi dire commossa, il senso di riconoscenza che c’è in Nino quando parla dei suoi genitori, ai quali riconosce questo grande merito e che ha poi cercato in tutti modi di ripagare, vuoi economicamente (dando anche a loro quel tanto benessere economico che aveva raggiunto), vuoi addirittura perpetuandone il ricordo, perché ha dedicato un intero edificio alla memoria dei suoi genitori.

A.C.: Ha regalato un edificio al suo Comune di origine per farne un Centro ricreativo per anziani.

G.: … E quindi in lui c’è anche il valore della riconoscenza…

A.C.: Sicuramente. Se ti ricordi, durante la presentazione del libro l’unico momento in cui Nino non riusciva più a continuare il discorso che stava impostando è stato quando si è messo a parlare dei suoi genitori: si è commosso.

G.: Come dicevo, io ho avuto il grande piacere di condurre la presentazione del libro nella mia città e dunque di conoscerne sia l’autore sia il protagonista. Sono rimasta incantata dalla trasparenza di Nino, che potrebbe darsi un sacco di arie (in fin dei conti, ne ha fatte di cose importanti nella sua vita!) e invece non lo fa. E sono stata contenta di non averlo conosciuto prima di quell’incontro perché leggendo le tue pagine, Andrea, mi ero trovata pensare che questo fosse un libro sì molto piacevole da leggere, ma anche un romanzo di formazione, così carico di tanti buoni sentimenti che potrebbero anche sembrare di specie, potrebbero sembrare costruiti e invece non è così. Se fossi stata al tuo posto anche io avrei voluto raccontarne la storia: tu perché l’hai fatto?

A.C.:  Perché la storia, anzi, le storie di Nino sono molto interessanti. Quando alle cene sociali raccontava qualche episodio, o qualche sua avventura, o qualche suo incontro, tutta la tavolata improvvisamente si zittiva e ascoltava in religioso silenzio quello che quest’uomo diceva. Io sono stato subito catturato dal suo modo di raccontare e anche dal racconto in sé: quando parlava di viaggi in posti lontani, sconosciuti ai più soprattutto in quelle epoche lontane in cui le distanze erano dilatate, le realtà erano differenti rispetto alle epoche attuali, io ne sono subito rimasto affascinato… E poi avevo una esigenza personale: mi ero ripromesso di scrivere un libro entro i cinquant’anni, avevo fatto una promessa a me stesso, e quindi con lui avevo trovato “la storia”: la storia di Nino A., che poi è diventata la geobiografia di Nino A, ma potrebbe essere anche la auto- geobiografia di Nino A., perché scambio i piani narrativi, scrivo come se fossi io Nino A., anche se non lo sono; c’è l’io narrante, mi identifico, ma in qualche passaggio c’è la divaricazione fra il protagonista e l’autore. Gioco un po’ sull’immedesimazione e sulla distinzione dei ruoli.

G.: Quanto tempo ci hai messo scriverlo?

A.C. :  … Quanto tempo ho dovuto mettere! Ho compiuto cinquant’anni il 5 settembre del 2020: abbiamo iniziato a lavorarci all’inizio di luglio e quindi ci ho messo poco meno di due mesi. Dovevo fare così.

G.: Siccome vi siete trovati casualmente attorno al tavolo da biliardo (si potrebbe davvero dire “galeotto fu il biliardo!”) e tu nel libro spieghi quale sia l’abilità in questo sport di Nino (noi non lo diremo adesso per non togliere il piacere della lettura), ti chiedo se ci sia anche una forma mentis particolare per cui un uomo come Nino si trova coinvolto nel gioco del biliardo. Io che sono totalmente digiuna di questo gioco, che mi piace guardare ma non riesco a capire, penso che sia simile a quello degli scacchi.

A.C.: Sì. Einstein diceva che il giocatore di biliardo deve avere un po’del talento dello scacchista e un po’ di quello del pianista, cioè ci devono essere tanta strategia e tanta abilità posturale.

G.: Te lo chiedo perché proprio sulla base di quello che ci siamo detti (e cioè che Nino è ed è stato un uomo calato nel presente, un uomo d’azione, sanguigno e razionale, intelligentissimo, che decide una cosa e la fa), trovo che non sia poi così conciliabile con il gioco del biliardo: o sbaglio?

A.C. : Secondo me, sbagli…

G.: …E questa è la dimostrazione che non capisco niente di biliardo…!

A.C.:  È che nel biliardo c’è senz’altro la strategia, ma poi c’è l’esecuzione: mi sembra che questi siano tratti della vita di Nino e quindi non vedo nulla di confliggente. Anzi: il biliardo si sposa perfettamente con la sua personalità.

G.: Io posso soltanto aggiungere, come ho già avuto modo di dire e di ripetere, che la lettura di questo libro è molto piacevole. Ti lascio buttarci lì la speranza di un prossimo libro, che avevi più o meno anticipato.

A.C.: Beh, al momento calerei un velo impietoso, quel progetto si è al momento un po’ alienato. Ti ringrazio per aver trovato il libro piacevole: di sicuro i suoi lettori potranno tranquillamente farsi un giro del mondo comodamente seduti sul divano, perché il racconto è un volo leggero alla scoperta di Paesi lontani, di personaggi e di aziende che hanno avuto e ancora hanno una grande importanza in Lombardia e nel Veneto.

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