“Profumo di lievito e sfoglia”: chiacchierata con Luca Montersino

“Profumo di lievito e sfoglia”, Luca Montersino, Italian Gourmet Editore, 2019

Pagg: 272

€ 69

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Profumo di lievito e sfoglia”: quanti ricordi d’infanzia, quante emozioni evoca un titolo così invitante? Come resistergli? Impossibile: se poi il volume è opera di una firma più che prestigiosa della pasticceria e della cucina italiana e internazionale il suo successo è certissimo. Ecco spiegato come mai, e non a caso, “Profumo di lievito e sfoglia”, (Italian Gourmet Editore), il volume che rappresenta la più recente fatica dello Chef e Maestro Pasticciere Luca Montersino, è andato a ruba: mille copie con prezzo di copertina di 69 € sono state “polverizzate” in quindici giorni.  E’ un traguardo che merita di essere festeggiato e si spiega facilmente con il grande credito che Luca Montersino vanta presso un amplissimo seguito non solo fra privati appassionati dell’arte culinaria, ma anche fra i professionisti del settore.

Ben settantanove sontuose ricette, frutto dello studio e della creatività del Maestro Montersino, guidano il lettore nel mondo affascinante e spesso imprevedibile dei lieviti e dei lievitati, precedute da una chiara e fondamentale introduzione teorico-tecnica alla materia e corredate dalle magnifiche immagini di uno dei più apprezzati fotografi del settore food, Vincenzo Lonati. Si va dal più semplice croissant ai sempre complicatissimi “grandi lievitati” (panettone, pandoro, colomba), in un crescendo di bontà che metterà alla prova appassionati e professionisti. Ancora una volta, Luca Montersino ha fatto centro.

Permettetemi una postilla, che nulla c’entra con il lavoro di questa star dell’arte culinaria italiana: Luca Montersino, malgrado il grande successo anche televisivo, non si è mai montato la testa e non si è seduto sugli allori: al contrario, lavora sodo, studia continuamente per rendere la pasticceria sempre più salutistica senza rinunciare a gusto e bellezza, sperimenta, innova e insegna, sempre disponibile ai moltissimi fans che gli chiedono spiegazioni.

Insomma, non si comporta da “fenomeno”: eppure, fenomenale Luca Montersino lo è davvero.

 

L’AUTORE:

Luca Montersino nasce a Torino nel 1973. La sua formazione scolastica è legata alla passione per la cucina e la pasticceria. Terminati gli studi inizia a lavorare in ristoranti stellati: non mancano esperienze dedicate ai dolci, la più importante delle quali presso la pasticceria Ferraud di Pinerolo. A 21 anni è già chef di cucina; dopo due anni negli Stati Uniti rientra in Italia per ricoprire la carica di direttore presso l’Istituto Superiore Arti Culinarie Etoile di Chioggia e scrive per numerose testate. Nel 2005, con lo chef Luigi Pomata, pubblica il primo libro, Tonno e pesci del Mediterraneo (Edizioni Boscolo), segue a Roma l’apertura dell’Hotel Esedra e dell’Hotel Aleph, entrambi cinque stelle lusso e, soprattutto, inizia a dedicarsi alle intolleranze alimentari per creare e proporre una pasticceria sana, naturale e buona: nasce così il marchio Golosi di Salute®, con il primo punto vendita ad Alba. Nel 2012, a Chieri (Torino), apre con Francesca Maggio la scuola di cucina e pasticceria professionale iCook, che annualmente forma circa sessanta pasticcieri e altrettanti cuochi professionisti.

Volto molto noto del piccolo schermo, Luca Montersino debutta in televisione nel 2005: in Rai è ospite de La prova del cuoco, mentre su AliceTv è protagonista di due programmi di cui è anche l’ideatore: Peccati di gola, incentrato sulla pasticceria, e Accademia Montersino, dedicato alla cucina e alla pasticceria. Nel 2018, sempre su AliceTv, inizia il nuovo programma Segreti in cucina, dove spazia dal salato al dolce.

Ha scritto diciassette libri, tra cui “Golosi di salute” (2006, Fabbri editore), Piccola pasticceria salata (2008, Mondadori Electa), Le dolci tentazioni (2010, Rizzoli), Croissant e biscotti (2011, Rizzoli), Accademia Montersino (2013, LT Editore), Le mie torte salate (2013, Food editore), Choux (2015, Italian Gourmet), Il Montersino (2015, Mondadori).

Profumo di lievito e sfoglia (2019, Italian Gourmet), dedicata a pasta croissant, brioche e sfoglia, è la sua più recente pubblicazione.

 

Info: http://www.lucamontersino.it/

 

Ecco l’intervista a Luca Montersino, il cui sonoro trovate in alto, nella sezione audio di questa pagina.

Canzone consigliata: “Aggiungi un posto a tavola”, Jonny Dorelli (anche perché la commedia sta girando l’Italia con Gianluca Guidi nel ruolo di Don Silvestro: imperdibile)

 

 

Giancarla: A proposito di “cose gradevoli”, qui abbiamo a che fare con una ennesima meraviglia: un libro prezioso, firmato “Luca Montersino ”, cioè “Profumo di lievito e sfoglia”, pubblicato da un editore altrettanto prezioso, “Italian Gourmet”. “Prezioso” perché, come già i precedenti, questo è un libro d’arte, con bellissime immagini: chi è il fotografo?

Luca Montersino: E’ Vincenzo Lonati, un grande fotografo specializzato in food. Le cose fatte bene sono sempre fatte da una squadra: io posso creare una buona ricetta, ma se non è fotografata bene o non è ben impaginata dall’Editore non ha risalto: è un lavoro di squadra.

G: … E chissà poi che gioia eliminare i “soggetti” fotografati…! Comunque: nell’introduzione, lei spiega con la sua solita chiarezza il perché di questo volume: nell’attesa che chi ci segue possa verificarlo di persona (e dovrà mettersi in coda, perché le prime mille copie del volume sono state letteralmente polverizzate), vuole spiegare anche a noi il perché della scelta di un argomento tutt’altro che semplice, come “i lievitati”?

L.M.: Perché, per fortuna, io riesco a fare il mio mestiere soddisfacendo anche le mie passioni: penso che lavorare ed essere felici di fare il proprio lavoro sia la cosa migliore che possa capitare a un essere umano. Nel settore cucina e pasticceria (che io amo tutto, perché non riesco a fare distinzioni fra dolce e salato, fra pasticceria e cucina) ho una grande passione per i lievitati, perché i lieviti sono microorganismi vivi e quindi hanno i loro umori, le loro sensazioni, si sviluppano bene in certi ambienti e peggio in altri, sentono anche la nostra capacità di gestirli: quindi qui non c’è pura matematica, come in altre parti della pasticceria dove due più due fa sempre quattro. Nel mondo dei lievitati, due più due non fa sempre quattro: bisogna saperli interpretare e questo è affascinante, dà una soddisfazione immensa. Nel volume ho deciso di raccontare questa mia passione e le mie esperienze cercando di rendere semplice quello che è difficile, perché il mondo dei lievitati spesso è difficile: cerco, con parole semplici, di rendere accessibile a tutti il mondo del lievito.

G.: E questa è una attività che l’avrà impegnata molto perché, come giustamente ha ricordato, si tratta di tradurre delle nozioni (bisogna studiare per eseguire queste ricette) ad un pubblico sicuramente competente, ma di non professionisti. E’ stata questa la fatica maggiore?

L.M.: Nei miei libri e soprattutto in questo, che è stato pubblicato da un Editore di libri professionali, il target è soprattutto più professionale che amatoriale, però io – nei libri come nei miei corsi – ho un modo solo di insegnare: partire da zero, quindi il mio linguaggio può andare bene al professionista come all’appassionato. Per me fare formazione vuol dire questo: non dare nulla per scontato, non dare per scontato quello che pensi che gli altri possano sapere. Tanto, al limite, se lo sanno è un confronto, è un ripasso; così, partendo da zero, il libro può essere acquistato sia da un appassionato che non lo fa per lavoro,  che dal professionista.

G.: La pasticceria salutistica, binomio inscindibile col nome del Maestro Montersino, applicata alla disciplina dei lievitati, è più difficile, per esempio pensando alle tante farine e alle tante intolleranze alimentari?

L.M.: Sicuramente, se si parla di “senza glutine” (e su questo ho scritto un libro anni fa) è veramente difficile, perché il glutine in questo volume la fa da padrone: la massima espressione di un grande lievitato (come un pandoro, un panettone, una colomba) o la pasta sfoglia, o le brioches, i croissants si possono fare con un glutine molto presente. Ovviamente questo non significa che non si possa farne una versione senza glutine, però sicuramente siamo davanti ad un tipo di pasticceria che non può soddisfare un pubblico che ha problemi di celiachia. Per quanto riguarda, invece, i prodotti senza latte, senza uova o senza zucchero, in questo settore si riescono a fare grandi prodotti senza che si senta più di tanto la mancanza di questi componenti. Anzi, sul “senza uovo” ho appena concluso delle ricerche spettacolari, riuscendo ad “imitare” tuorlo, albume e uovo intero grazie a fibre e proteine vegetali: quindi non abbiamo più limiti nemmeno per fare questo genere di prodotto.

G.: … Infatti ricordo che quando ci eravamo sentiti l’ultima volta le avevo chiesto a che punto fosse la sua ricerca sulla pasticceria vegana, e lei mi aveva risposto: “E’ complicato, perché senza uova la pasticceria si perde”. Ora il discorso è andato avanti: insomma, anche la pasticceria si evolve…

L.M.: Vede, Giancarla, perché le dico che per me è sempre un piacere essere intervistato da lei? Perché, malgrado siano passati più di due anni, si ricorda la mia risposta. Mi fa piacere, perché vuol dire anche che quando lei intervista lo fa col cuore. La pasticceria vegana: allora, quando mi fece la domanda, effettivamente non ero pronto, perché per fare pasticceria vegana bisogna togliere le uova, ma in pasticceria l’uovo è l’ingrediente principale; è più importante del glutine, è più importante dello zucchero, è più importante dei grassi, perché in pasticceria l’uovo è onnipresente. Dalla scorsa intervista a questa ho lavorato per trovare la soluzione e oggi, alla stessa domanda, risponderei che non ci sono più limiti anche per la pasticceria vegana.

G.: Certamente gli amici che ci stanno seguendo saranno un po’ invidiosi, perché ho il Maestro Montersino solo per me per qualche minuto: effettivamente mi sento molto privilegiata, ma mi corre anche l’obbligo di cercare, nel mio piccolo, di fare domande che possano interessare gli altri, oltre me. E’ una domanda molto semplice che sto per fare, quasi banale. In questo volume – tanto per cambiare – ci sono ricette meravigliose, precedute da pagine di introduzione che vanno ben considerate se si vuole raggiungere il risultato; magari, invece, sulla scorta dell’entusiasmo la tentazione sarebbe quella di guardare una fotografia e decidere di fare direttamente quel dolce e non riuscirci. Per evitare l’insuccesso, c’è un percorso di crescita all’interno del volume? O, per semplificare, qual è la ricetta più semplice e quale quella per i più esperti?

L.M.: Lei mi invita a dire una cosa fondamentale, anche se rischio di essere banale io: sul libro c’è una ricetta più semplice delle altre, e la indicherò, però prima di arrivarci (in tutti i miei volumi, ma particolarmente in questo in cui si parla di cose complesse come i lieviti, cioè di organismi vivi, di glutine, di proteine, di fermentazioni acido- lattiche) è fondamentale leggere, anzi, studiare le trenta pagine di teoria nell’introduzione del libro, in cui si spiega bene tutto: il successivo approccio alla ricetta sarà sicuramente più facile. Come lei giustamente dice, per la voglia di passare subito al ricettario si rischia di non capire. Per esempio, se vuole fare un semplice croissant, che è la prima ricetta, lo dovrà fare alla francese: è una preparazione banale che non ha neanche le uova, è una pasta molto semplice, poco zuccherata; però nella ricetta io metto il li.co.li: Tutti sanno che cosa sono farina, zucchero e uova, ma molti non sanno che è l’acronimo di “LIevito a COltura LIquida”. Se non si è studiato che cosa sia il li.co.li e non si sa come si gestisce, come si utilizza, da dove arriva, come si cura e come si “coccola” questo tipo di lievito, è inutile che ci si metta a fare il croissant francese, anche se è semplicissimo; prima studio, poi andrò alla ricetta successiva. Lo so che è una cosa banale, ma sono contento di ribadirla perché sulla posta privata o sui social la gente mi fa tante domande che fanno capire che non ha letto l’introduzione:“Posso unire il lievito madre con il li.co.li ?”, mi scrivono, eppure nell’introduzione del libro è spiegato se e come si può fare. La gente è molto “golosa” di ricette, ma io vorrei dare un chiaro messaggio a tutti: non siate “golosi” di ricette, siate “golosi” di tecniche e di studio della materia prima e poi le ricette arriveranno da sé in un secondo momento.

G.: La ricetta più difficile qual è?

L.M.: I più difficili, senza ombra di dubbio, sono i “grandi lievitati”: panettone, pandoro, colomba sono i tre prodotti più difficili da fare in assoluto, non solo di questo libro ma dell’intera pasticceria. Non c’è nessun prodotto più difficile.

G.: Io faccio il tifo per il “Pan carré leopardato caffè e cioccolato”, che già solo dal nome è fantastico: è semplice? Si può fare?

L.M.: Sì: è più semplice di un grande lievitato ed è un’idea carina e anche di moda, perché la pasticceria segue le mode; in questo momento, va di moda il leopardato.

G.: L’animalier è attualissimo anche nell’abbigliamento!

L.M.: Ah, non lo so, perché io vesto sempre uguale: ho la giacca da chef cucita cucita sulla pelle, altro vestito non conosco, però mi fido di lei! Invece nell’alimentare glielo posso dire io che sta andando molto di moda il leopardato, l’animalier: si fanno brioches, pani, pan carré, croissant, saccottini, e infatti nel libro due prodotti così li ho messi.

G.: Se lei mi permette, vorrei raccontare ai nostri amici il “dietro le quinte” di questa intervista, della quale torno a ringraziarla. Io, assolutamente inconsapevole, ho pubblicato un raccontino come faccio ogni tanto (vd: “Quando è dolce, è dolce”, su questo blog, sezione ”Questa è una storia vera”) e il Maestro lo ha letto; fra l’altro, del tutto casualmente, nel racconto scrivo di lievitati, di sfoglie e del profumo e del potere evocativo di questi dolci! Naturalmente spero che nessuno pensi che mi ritenga la prima ad averlo scritto e poi, comunque, io non faccio letteratura, però mi sono detta che per un professionista appassionato del suo lavoro come lei, che sperimenta e si confronta con gli altri, deve essere essere bellissimo vedere le persone felici di mangiare quello che lei ha preparato…

L.M.:  Assolutamente sì. La più grande soddisfazione per chi cucina è vedere l’altro che mangia con gusto: è brutto avere commensali apatici, che non mangiano questo e quello, che sono a dieta… A noi piacciono i commensali con la “pancetta”, quelli ci danno soddisfazione! Allora un giorno o l’altro le porterò io “il mitico”! La gente non sa di che cosa sto parlando e lo dico velocemente io: “il mitico” per Giancarla Paladini è il kranz, un dolce che è un incrocio mitologico (metà brioche e metà pasta sfoglia) che, come tutte le cose complesse in pasticceria, la gente non ha più voglia di fare, perché si devono fare due impasti (la brioche e la pasta sfoglia); invece dicono “Tagliamo corto: facciamo solo la pasta brioche con un po’ di uvetta dentro, la intrecciamo e la vendiamo per Kranz”. Ma il kranz è tutt’altro. Allora, proprio perché vorrei vedere il suo appagamento, le porterò io il kranz da assaggiare, un giorno!

G.: …Mamma mia! Grazie! Per finire: lei incontra moltissimi appassionati durante i corsi che tiene in tutta Italia (anzi, a proposito: vi invito a consultare il sito del Maestro Montersino http://www.lucamontersino.it/ per conoscere date dei corsi e appuntamenti), ma a lei che cosa piace di più? Mettere le mani in pasta, oppure insegnare a mettere le mani in pasta, o mettere le mani in pasta insegnando agli altri?

L.M.: Meno male che c’è la terza opzione, perché le prime due erano incomplete. Mettere le mani in pasta mi piace, insegnare a mettere le mani in pasta mi piace, ma la cosa che mi piace di più al mondo è quella che faccio io, cioè insegnare a mettere le mani in pasta mettendo io le mani in pasta, e spiego anche il perché. Molte persone mi chiedono: “Si lavora al suo corso? Mi fa impastare durante la lezione?”. E’ la domanda più frequente, sembra la preoccupazione numero uno, è questo che vuole la gente; io invece tendo a scoraggiarla al riguardo, perché per me è molto più importante che si guardi un professionista mentre lavora: che si guardi come muove le mani, che lo si fotografi, che si faccia un video, che si prendano appunti. Le mani in pasta si metteranno in un secondo momento e invece molti lo vogliono fare  senza aver visto come si deve farlo. Quindi la risposta è la terza: insegnare a mettere le mani in pasta mettendo io le mani in pasta. Questa è la cosa che mi piace di più.

G.: …E vederla lavorare è straordinario: grazie!

 

Nella foto: con Luca Montersino e Romina Imbrescia (archivio personale)

 

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