“Tutta colpa dell’impazienza”: chiacchierata con Virginia Bramati

 

virginiabramati ritrattoVirginia Bramati, “Tutta colpa dell’impazienza (e di un fiore appena sbocciato)”, Giunti Editore.

2017

pagg 240

€ 14,90

e-book € 5,99

 

Premessa: se siete di quelli che si considerano grandi intellettuali perchè leggono solo libri concettosi, drammatici e di almeno cinquecento pagine, è meglio che per oggi abbandoniate queste pagine; ma se, invece, non avete preconcetti; se leggete per il puro piacere di godere di una scrittura pulita, precisa per punteggiatura e lessico, e di una trama animata da protagonisti di fantasia e tuttavia credibili; se, infine, non disdegnate le storie d’amore, allora il libro del quale ci stiamo occupando fa al caso vostro.

Il libro è “Tutta colpa dell’impazienza (e di un fiore appena sbocciato)”, Giunti Ed, di Virginia Bramati.

Agnese Treves è una liceale milanese, tutta fatta di fretta: nata settimina, esuberante, caparbia, la sua caratteristica principale è però l’impazienza; ma, suo malgrado, deve rallentare, perché la morte improvvisa della madre travolge e stravolge la sua vita. Il padre, distrutto dal dolore, decide infatti di lasciare la metropoli per trasferirsi in campagna: pochi chilometri la separano da Milano, dalle amiche, dal sushi e dalle feste, per immergerla in una realtà che la obbliga a reimpostare ogni momento della sua giornata. Ribellarsi non è possibile: tocca abbozzare. Nuova casa, nuovi ritmi, nuove abitudini, nuove amicizie: Agnese scalpita, si sente in trappola, appare insofferente e tuttavia, quasi senza rendersene conto, si lascia prendere da questa vita del tutto nuova. L’estate che la aspetta, quella della maturità scolastica, sarà anche quella della svolta definitiva: e, inaspettatamente, Agnese coltiverà la pazienza, così come i semini di impatiens che sua madre le aveva regalato e che lei, che non se ne ricordava, farà germogliare.

In “Tutta colpa dell’impazienza (e di un fiore appena sbocciato)” Virginia Bramati torna a regalare ai suoi lettori una storia dolce-amara ambientata nella campagna brianzola: nelle sue pagine i sentimenti, che pure ne sono protagonisti a largo raggio, non scadono nel sentimentalismo grazie ad una scrittura rapida, spesso divertente, originale e coinvolgente. Letteratura rosa la chiamano alcuni (non senza una forte vena snobistica); ma, come sostiene a ragione Virginia Bramati, esistono solo due categorie letterarie: quella dei libri belli e quella dei libri brutti. E – aggiungo io – se un libro è ben scritto (e questo decisamente lo è) vale la pena di leggerlo: il resto, spesso, è fatto solo di chiacchiere saccenti. Ma, a proposito di “generi letterari”, qui troverete anche una spruzzatina di giallo: del resto, nella vita reale attorno a Virginia Bramati aleggia un certo mistero….

L’AUTORE:

Virginia Bramati vive e lavora a Milano. Ha esordito in rete con un romanzo che, diventato un caso editoriale per lo spontaneo e grandissimo successo fra i lettori, nel 2014 si è trasformato anche in libro di carta: “Tutta colpa della neve (e anche un po’ di New York)”, (Mondadori), seguito da “Meno cinque alla felicità” e “E se fosse un segreto?”, sempre per Mondadori. “Tutta colpa dell’impazienza (e di un fiore appena sbocciato)”, Giunti Ed, è il suo nuovo romanzo. Tutte le sue storie e i suoi protagonisti ruotano attorno al piccolo, verdeggiante e immaginario borgo di Verate, in Brianza.

Ecco l’intervista a Virginia Bramati, il cui sonoro, che trovate in alto, nella sezione audio di questa pagina, contiene anche la lettura dell’Autrice di alcuni passi del suo romanzo.

Canzone consigliata: “Il diario degli errori”, Michele Bravi.

Giancarla: Succede, nella vita, che si diventi amica di una persona pur senza averla mai incontrarla fisicamente, ma trovando tuttavia una totale adesione empatica non soltanto per quello che scrive, e per come lo scrive, ma anche per quanto ci si dice prima, durante e dopo l’intervista: è questo il caso mio e di Virginia Bramati, che dichiaro ufficialmente – che lei lo voglia o no – essere mia carissima amica. Come stai?

Virginia Bramati: Sto benissimo, Giancarla! Sai che condivido completamente le emozioni e i sentimenti che provo quando parlo con te.

G.: E fatti questi saluti sinceri (perché chi ci conosce sa che siamo persone sincere) …

V.B.: E non sappiamo mentire…

G.: Esattamente… beh, c’è una piccola tassa da pagare per sedersi in questo “salottino cincischioso”: l’Autore dovrebbe raccontarci qualcosa della trama del suo libro.

V.B.: Certamente! Questa è la storia di Agnese, una ragazza di Milano che viene “strappata” dalla sua comoda casa in centro città e portata da un padre furioso contro la vita in un paesino della campagna lombarda, a cinquanta chilometri da Milano: la madre è morta e il padre non perdona né a se stesso, né ad Agnese questo dramma. Agnese si ritrova così sola, in una casa sul fiume, lontana da tutti: è molto triste, anche se prende la vita come la ragazza di diciannove anni che è, e cioè cercando di “salvarsi” guardando telefilm, mangiando “Nutella”, e così via. Per fortuna, arriva a “salvarla” un ragazzo, Adelchi: da qui comincia la vera storia, perché lui le mostra il mondo in cui ora lei vive e, grazie a lui, Agnese si accorge che in quella campagna ci sono molte cose belle. Possiamo dire che lui le cura l’anima: in fondo, Adelchi è l’amico che tutti vorremmo avere, quello che sa di che cosa abbiamo bisogno e interviene per aiutarci. Ma anche Adelchi ha un dramma alle spalle, e…

G.: … E ci fermiamo qua, direi, per non rivelare troppe cose. E poi devo farti una domanda, così ci togliamo subito il pensiero: parliamo del “genere”. I tuoi romanzi sono definiti letteratura rosa, dove per “rosa” si intende non solo “femminile”, ma romantica. Ti dirò alla fine il mio parere in proposito (anche se un po’ lo conosci), ma prima vorrei conoscere il tuo.

V.B.: Penso che la suddivisione in generi sia una questione di marketing, un’esigenza delle Case Editrici, non delle lettrici e dei lettori (…perché io ho anche molti lettori fra gli uomini): io divido i libri in quelli ben scritti e quelli scritti male. La narrativa è tutta di “evasione”, secondo me: solo i saggi e i testi scolastici non lo sono; fra i libri di “evasione”, che ci fanno stare bene e ci fanno pensare, forse solo il giallo ha una connotazione precisa. I miei sono libri che raccontano la Vita, e infatti la racconto anche in questo libro: e la Vita, che ci piaccia o no e fortunatamente, è anche l’Amore. Molti di noi hanno avuto bellissime storie d’amore finite bene, storie molto particolari: io ho potuto godere di questa fortuna, di una bella storia d’amore molto particolare; dunque, perché dobbiamo pensare che le belle storie finite bene non siano da raccontare, che siano sciocchezze? E’ la Vita, invece.

G.: Con queste parole mi hai bruciato la “chiusa” dell’intervista! Infatti, credimi, avevo scritto nei miei appunti: “… Se un libro è bello è bello, se è brutto è brutto: il “genere” è una questione merceologica e attiene al gusto personale; il resto è solo fuffa snob. Questo dimostra l’empatia di cui sopra. A proposito di empatia: tu nei hai moltissima col tuo … “già scritto”; anche in questo romanzo ritornano personaggi e località di altri tuoi libri. Perché?

V.B.: Semplicemente perché amo talmente tanto i miei personaggi che non riesco ad abbandonarli: è per questo motivo che tornano in tutti i miei libri. Anche il mio editor, Giulia Ichino, leggendo le prime bozze, mi ha detto: “Sai, quando ho ritrovato Sassi mi sono emozionata!”. E’ così anche per me. Ho dovuto far entrare Sassi, la protagonista del mio primo romanzo, “Tutta colpa della neve”, sento il bisogno di far rivivere i miei protagonisti: l’escamotage per cui tutti, in fondo, vivono nella stessa piccola cittadina mi aiuta a riuscirci, perché in una cittadina ci si incontra sempre e ognuno fa parte, in qualche modo, della vita degli altri.

G.: E a proposito di libri scritti bene, il tuo è scritto benissimo (ma questa non è una novità per chi ti abbia già letto): però in questo caso ti sei anche complicata la vita, perché qui è tutto un gioco di flashback e flashforward ; la prova “tecnica” è riuscitissima, perché se si comincia a leggere questo libro non lo si abbandona sino alla fine, ma questo gioco è nato forse anche per variare un po’ la tua scrittura?

V.B.: Il libro è su tre piani temporali, cioè “l’oggi”, “ieri” (otto anni prima) e l’“altro ieri”: effettivamente, una cosa un po’ complicata. Quando il libro è stato scritto c’erano solo“oggi” e “ieri”; però volevo anche raccontare che cosa succedeva “dopo”, e il “dopo” di questa ragazza, che al tempo della vicenda vera e propria ha diciannove anni, è molto ricco e così abbiamo pensato ad un epilogo. Giulia Ichino mi ha proposto di inserire una lettera che iniziasse e finisse “oggi” per metterci nel mezzo tutto quello che era successo otto anni prima. Io avevo già scritto il libro alternando due stagioni, estate e inverno: questo è rimasto. Non c’è una scansione temporale “normale” perché ne sarebbe risultato un libro con i primi capitoli molto tristi e invece questa è una commedia e vuole essere divertente: in quel modo sarebbe risultata falsata la percezione del lettore.

G.: In effetti, e non lo dico per dire, sei stata bravissima in questo giocare, perché il lettore non solo non perde il senso del racconto, ma non perde nemmeno quello dell’orientamento all’interno della trama.

V.B.: Meno male! Questo era un nostro grosso timore…

G.: Nel tuo libro traspare anche il tuo grande amore per la lettura: infatti contiene anche tanti suggerimenti di lettura. Che approccio hai con la lettura? E’ cambiato da quando sei passata… dall’altra parte della barricata?

V.B.: Purtroppo, da lettrice compulsiva – ho sempre letto tantissimo – sono diventata una lettrice che seleziona di più, perché dovendomi dividere fra lavoro, famiglia e, ora, la scrittura, il tempo si è ridotto e quindi devo lasciare la quantità e assolutamente puntare sulla qualità. Amo moltissimo gli Americani, come Elizabeth Strout o Haruf, perché hanno uno stile “asciutto”,  e credo che anche la mia scrittura sia asciutta, essenziale. I miei personaggi difficilmente sono descritti, anche dagli altri personaggi. Forse in questo libro c’è molta scrittura dedicata alla campagna, ma sempre con pochi tocchi: mi piace questa asciuttezza e spero che serva. Ad ogni capitolo viene assegnato un fatto, una emozione: e così deve essere.

G.: Tu sei “nata” come scrittrice auto pubblicandoti e ora hai importanti Case Editrici che credono in te: questo ti condiziona?

V.B.: La scrittura per me è un hobby di lusso e sono stata molto fortunata, perché i lettori mi hanno seguito, ho molto affetto intorno, ma non mi sento condizionata: oramai ho un’età in cui difficilmente si viene condizionati, e io ho fatto talmente tante cose nella mia vita… Questa è una meravigliosa avventura, che però mi lascia come ero: ero già così, ecco … Certo, bisogna vedere come ero, però … ero già così!

G.: E i titoli?

V.B.:Alcuni sono miei, ma questo no. “Tutta colpa della neve” era mio, “Meno cinque alla felicità” no, “E se fosse un segreto?” sì, e questo no: ne avevo scelto un altro, ma Giunti ha voluto che ci fosse un richiamo al mio best seller “Tutta colpa della neve”.

G.: In chiusura, ti chiedo: siccome nel libro c’è anche un delitto da svelare, non è che siamo di fronte all’anticipazione di un tuo prossimo avvicinamento al genere del giallo?

V.B.: No, no: più giallo di così non posso, perché il giallo prevede un’anima nera, un pensare a cose truci, e io non ci riesco assolutamente! Del resto, avrai notato che nel libro chi commette l’assassinio in realtà non avrebbe voluto…: è stato il fine che non ha giustificato il mezzo, ecco. … No, non ce la faccio a mettere nei libri i cattivi veri: non posso farci niente!

G.: A proposito di misteri da risolvere (… capisca chi deve capire), ho una cortesia da chiederti: mi saluteresti tanto Renata?

V.B.: Lo farò sicuramente; è una mia carissima amica: anzi, la mia migliore amica …

About Giancarla Paladini

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *