“L’uomo sulla bicicletta blu”: chiacchierata con Carmen Giorgetti Cima

lars gustafsson“L’uomo sulla bicicletta blu”, Lars Gustafsson, Iperborea

(Titolo originale: Mannen på den blå cykeln: drömmar ur en gammal kamera)
pp. 192
Nazione: Svezia
Traduzione di Carmen Giorgetti Cima
Prezzo di copertina: € 16,00

 

 

“L’uomo sulla bicicletta blu”: a volte sono i titoli a catturare la mia attenzione e questo titolo lo ha fatto. Poi, ecco il nome dell’Autore: Lars Gustafsson, uno dei più importanti scrittori svedesi dei nostri giorni, vincitore lo scorso gennaio del Premio Internazionale Nonino 2016 e di molti altri riconoscimenti in Italia e nel mondo.

Di scrittori svedesi contemporanei non ne so moltissimo, ma quel po’ mi basta per drizzare le orecchie quando me ne capita per le mani qualcuno che non si occupi necessariamente di “gialli” (negli ultimi anni in Svezia se ne sono scritti moltissimi, come è noto): non per spocchia, sia chiaro – a me il genere piace molto -, ma solo per la voglia di allargare la mia visuale sulla letteratura di quella parte lontana di Continente e condividere con chi mi legge/ascolta queste scoperte. Il romanzo del quale ci occupiamo ora è infatti opera di un Autore singolare e complesso, del quale avevo sentito parlare, ma non avevo mai gustato di persona la prosa.

A completare le motivazioni della mia scelta è stata infine la fiducia nella Casa Editrice, la preziosa ed autorevole “Iperborea”, creata nel 1987 da una colta e raffinata appassionata di letteratura nordica, Emilia Lodigiani, che è riuscita nell’impresa complicata di tradurre e pubblicare in italiano scrittori dell’area nord-europea, interessanti e originali, altrimenti sconosciuti nel nostro Paese.

Dunque, eccomi a sfogliare questo librino dalla bella copertina e… voilà, sono in piena fiaba. Una fiaba amara, penso all’inizio, ma procedendo con la lettura mi diverto invece molto per le avventure tragicomiche del protagonista che, nel 1953, è l’improbabile venditore di un avanzatissimo robot da cucina, che inopinatamente propone ai contadini di quella ancora ruralissima Svezia. Janne Frieberg, lui, si sposta sulla sua bicicletta (blu, naturalmente), con l’elettrodomestico pesante e costoso in spalla e nessuna possibilità di migliorare la sua eterna penultima posizione nella classifica dei migliori venditori: insomma rischia il licenziamento e, per lo stesso motivo, con la moglie le cose non vanno per niente bene. Arrivato in una grande casa misteriosa si rende conto che qualcosa di stranissimo sta per succedervi, mentre nessuno sembra fare caso alla sua presenza e al fatto che egli somigli pericolosamente, nell’aspetto e nelle attitudini, ad uno dei proprietari misteriosamente sparito anni prima: entrambi, per esempio, sono appassionati fotografi dilettanti. “Allora sto leggendo un thriller, magari anche gotico”, penso quando scopro che nel palazzo si sta preparando il banchetto funebre per la proprietaria che non solo non è ancora morta, ma fa una capatina in cucina per vedere come procedono i lavori. Ma non ci siamo ancora: tutta l’atmosfera è surreale, lattiginosa e infatti da adesso in poi il romanzo si dipana fra presente e flashback, verità e apparenza, sogno e realtà, fino al finale – a sorpresa – che, invece che chiuderlo, sembra aprire il racconto ad un futuro inatteso per Janne, ma… vero? Immaginato? Sognato? Oppure …? Insomma, se vi piacciono le fiabe surreali, un po’ alla Lewis Carroll, apprezzerete questo romanzo che, se vogliamo proprio dirla tutta, ne contiene almeno un secondo: un gioco di specchi, in cui il doppio non si sa esattamente se stia al di qua o al di là, se nella realtà o nel sogno. Non a caso Gustafsson è stato definito il Borges svedese.

Il libro è corredato da fotografie che ritraggono (o ritrarrebbero) luoghi e protagonisti del libro e che, ci rivela lo stesso Gustafsson, sono opera di suo padre, perché, lo abbiamo appena detto, qui vero e verosimile, invenzione e cronaca si confondono fra loro.

Solo l’Autore avrebbe potuto svelarci il mistero, ma purtroppo Lars Gustafsson, scrittore, poeta, filosofo e matematico fra i più amati in patria e all’estero, è mancato lo scorso 2 aprile, pochi giorni prima di compiere ottant’anni. Così, a raccontarci questo romanzo e questo scrittore così particolari è Carmen Giorgetti Cima, traduttrice storica di Gustafsson e sua amica personale: un contributo prezioso, il suo, anche perché Carmen Giorgetti Cima è una dei più prestigiosi traduttori di Autori svedesi del nostro Paese, “appassionata vera” del suo non facile lavoro. A lei, fra gli altri, dobbiamo la traduzione in italiano dei romanzi di Hakan Nesser, Arne Dahl, Karin Alvtegen e della trilogia “Millennium” di Stieg Larsson (“Uomini che odiano le donne”, “La ragazza che giocava con il fuoco, “La regina dei castelli di carta”).
L’AUTORE

Lars Gustafsson è nato nel 1936 a Västerås, nel sud della Svezia, che fa da sfondo a molti suoi romanzi. E’ considerato il più internazionale scrittore svedese contemporaneo. Studioso di matematica e filosofia, poeta, saggista, drammaturgo e romanziere fra i più tradotti all’estero, ha insegnato per vent’anni Storia del Pensiero Europeo a Austin, in Texas. Nei suoi racconti, come nelle poesie, si riconosce quella vena fantastica, quel gioco dell’erudito che scherza con la propria erudizione, quell’ossessione per il tempo e per l’identità che l’hanno fatto definire il «Borges svedese». In Italia ha ricevuto il Premio Agrigento, il Premio Boccaccio, il Grinzane Cavour e il Premio Internazionale Nonino 2016. Tra i suoi titoli pubblicati da Iperborea, Morte di un apicultore, Il pomeriggio di un piastrellista, Le bianche braccia della signora Sorgedahl e L’uomo sulla bicicletta blu. Di prossima pubblicazione, postuma, il suo ultimo romanzo. Lars Gustafsson si è infatti spento improvvisamente il 2 aprile 2016 a Stoccolma: il giorno dopo avrebbe dovuto ritirare a Varsavia l’importante Premio Zbigniew Herbert

Ecco l’intervista a Carmen Giorgetti Cima, traduttrice di Lars Gustafsson, il cui sonoro integrale trovate in alto, nella sezione audio di questa pagina.

Canzone consigliata: “Questa sporca vita”, Paolo Conte

 

Giancarla: Grazie per avere accettato di accomodarsi in questo piccolo salotto dove si parlerà di un Autore molto divertente, molto particolare e… molto svedese…

Carmen Giorgetti Cima: Grazie: sono molto felice di essere vostra ospite e più che volentieri faremo questa chiacchierata.

G.: Raccontiamo qualcosa della trama, che è molto divertente, surreale e lascia anche un po’ spiazzati…

C.G.C.: “L’uomo sulla bicicletta blu” è uno degli ultimi romanzi di Lars Gustafsson, che ci ha lasciato poche settimane fa, improvvisamente. Ultimamente aveva scritto libri sempre in linea con la sua poetica, ma particolarmente ottimisti, positivi: quindi il ricordo che lascia a noi tutti è quello di un uomo che, avvicinandosi agli ottant’anni, diventa sempre più ottimista nei confronti della vita… E anche umoristico, lui che ha sempre avuto una vena di critica sociale contro la socialdemocrazia svedese, che non vedeva come il governo ideale per il suo Paese (tanto che ha vissuto molto all’estero, proprio perché con quella linea politica era in contrasto). Lui, sempre ipercritico verso molte cose, verso la fine della sua vita ha avuto una “svolta” più positiva nei confronti del mondo che lo circondava: si è concentrato sempre di più su quella che è sempre stata la sua tematica principale, cioè l’individuo, l’esperienza del sé, il rapporto dell’individuo con il mondo e, addirittura, con l’intero Universo. Un altro dei suoi grandi temi è il fantasticare sulle vite possibili ed è emerso soprattutto nei suoi ultimi tre libri (“Le bianche braccia della signora Sorgedahl” e questo “L’uomo sulla bicicletta blu”): sarà affrontato anche nell’ultimo libro che ci ha lasciato e che non è ancora stato tradotto in italiano (speriamo che lo sia presto). NeL’uomo sulla bicicletta blu troviamo Janne Frieberg, un commesso viaggiatore piuttosto fallito, maltrattato dalla vita – lui come tanti personaggi protagonisti dei romanzi precedenti di Gustafsson. Questo commesso viaggiatore gira per la regione del Vastmanland – quella di origine di Gustafsson, il paesaggio che ricorre nella maggior parte dei suoi romanzi di ambientazione svedese – sulla sua bicicletta blu, portandosi appresso una enorme valigia che contiene l’ultimo macchinario della Ditta Elektrolux, ovvero un sofisticatissimo robot da cucina. Va specificato che questo romanzo è ambientato negli anni ’50 e queste macchine all’epoca erano troppo avvenieristiche: così, nella maggioranza delle case che Janne visita, case di contadini, viene quasi sbeffeggiato. In campagna sono ancora legati ai metodi tradizionali di lavorazione delle carni, per cui Janne non riesce a vendere quasi nulla. Infatti, nella lista delle vendite dei commessi viaggiatori lui è sempre più in fondo: vede sempre più vicino il suo licenziamento e non va d’accordo con la moglie, perché lei lo ritiene un fallito… Insomma, è un uomo che ha molti problemi e molte tristezze. Alla fine della giornata, per tentare tutto il possibile – non è riuscito a vendere nulla nemmeno quel giorno – finisce in una specie di “casa misteriosa”, un maniero, dove spera di potere finalmente piazzare il costoso robot. Però si ritrova al centro di qualcosa di strano che non capisce, ferve una grande attività: intuisce che si sta preparando un grande rinfresco per la morte della padrona di casa, che però… non è ancora morta! Ne rimane spiazzato, specie quando la vecchia compare quasi a volere sorvegliare i preparativi della sua stessa cena funebre (in Svezia si usava che dopo il funerale parenti e amici si radunassero per una cena in onore del defunto). Qui la stanno preparando in anticipo: addirittura prima che il defunto sia tale!

G.: …E per il momento mi fermerei qui, perché a questo punto entriamo, anche da un punto di vista narrativo, in una dimensione a metà fra la realtà e la finzione, l’immaginazione, no?

C.G.C.: Sì, certamente: immaginazione, finzione e il sogno, addirittura. A un certo punto, questo povero commesso viaggiatore, che riesce a malapena a spiegare il motivo della sua visita, nella gran confusione si rende conto che nessuno gli dà retta (anzi, lo mettono anche a lavorare in cucina!), nessuno ha tempo per lui. E lui, che è timido, si adegua alla situazione, se ne trova coinvolto suo malgrado. Finalmente parla con la padrona di casa, le spiega perchè è lì, lei lo ascolta poi lo invita ad accomodarsi nel salotto accanto e sparisce. Lui, che non sa come passare il tempo e quasi non osa nemmeno alzarsi dalla poltrona, trova un album di fotografie e comincia a sfogliarlo: fra l’altro, Janne è un appassionato di fotografia. Guardando le belle fotografie ingiallite, evidentemente scattate molti anni prima, partono i suoi sogni: lui immagina le storie dietro ai visi che vede nelle immagini. A questo punto non si capisce più se i sogni prendano il sopravvento sulla realtà, o quale strana mescolanza si venga a creare: fatto sta che il buon Janne Frieberg attraverso i sogni si rinforza come individuo e alla fine riesce addirittura a conquistare la padrona di casa (una cosa che mai avrebbe potuto immaginare possibile nella sua squallida realtà quotidiana).

G.: Anche perché lui è appena stato buttato fuori di casa da sua moglie, un tipo un po’ bisbetico…

C.G.C.: Esatto! Lui non sarebbe potuto tornare a casa, quella sera, perché la mattina la moglie lo aveva congedato con un “Tu sei un fallito, un buono a nulla!”. E così, lui, per tutto il giorno, oltre al peso della valigia con il robot da cucina, si era portato addosso il peso di questo giudizio estremamente tranchant della consorte.

G.: …Il tutto – perché questa è una storia tragicomica- facendo molto ridere. Personalmente mi sono molto divertita; anche adesso, ascoltando la sua perfetta ricostruzione della storia, mi diverto molto. Ma questa dimensione onirica (perché è vero, questo personaggio si addormenta, ma in una delle storie raccontate c’è anche un misterioso padrone di casa che a sua volta dorme – ed è meglio non svegliare – e quindi ci si ritrova in un giro quasi ipnotico) non fa capire  se lo scrittore ci stia raccontando una fiaba, o una fiaba all’interno di un’altra fiaba. E’ assolutamente affascinante.

C.G.C.: Diciamo che è il suo modo di raccontare le storie, perché lui era un intellettuale a trecentosessanta gradi, un personaggio estremamente vitale (anche negli ultimi tempi: a fine gennaio era venuto in Italia per ricevere il Premio Nonino, poi era stato in America a visitare i suoi figli, aveva un blog, eravamo amici su Facebook e vedevo tutti i giorni le cose che lui raccontava). Era così a trecentosessanta gradi che alla fine anche le sue storie si diramano in moltissime direzioni, che però non sono vicoli ciechi : sono spunti, stimoli, che fanno capire la sua inesausta curiosità e la sua erudizione, che non faceva mai pesare, ma ovviamente aveva. Io ho paragonato le sue storie ad un programma informatico, perché hanno infinite finestre chi si aprono all’improvviso, si chiudono, tornano ad aprirsi: è molto difficile seguire la storia, però si resta talmente coinvolti da questo “gioco di finestre che si aprono e si chiudono”, che alla fine si accetta il romanzo anche senza aver capito fino in fondo qual è la vera storia e che cosa ci voglia dire l’Autore. Lui ci ha proposto un sacco di stimoli, più che altro.

G.: Lei, che traduce da quarant’anni gli Svedesi, sia classici, sia contemporanei, e adesso ci sta raccontando anche del suo rapporto umano e personale con questo grande scrittore, come si pone in casi come questo? Perché penso sia abbastanza ovvio per tutti che il traduttore di un’opera letteraria non è semplicemente colui che sposta da una lingua all’altra delle parole, ma è a sua volta uno scrittore, un artista: come è avvicinarsi ad un testo come questo, così variegato?

C.G.C.: Prima di tutto, cerco sempre di identificarmi con l’Autore e la cosa mi riesce particolarmente bene con gli Autori che, come Lars Gustafsson traduco da anni e che, come Lars Gustafsson, conosco personalmente (l’ho conosciuto nel 1980 e siamo stati in contatto per tutti questi anni): ogni volta che traducevo un suo libro lo contattavo comunque, per il puro piacere di scambiare quattro chiacchiere con lui e, tante volte, per risolvere dei piccoli problemi, cose che non capivo o che trovavo incoerenti. L’ho sempre trovato disponibile, apertissimo, entusiasta del mio lavoro, e questo mi ha sempre dato un’enorme soddisfazione. In questo processo di identificazione con l’Autore, calandomi nella sua testa naturalmente mi lascio trascinare dal testo e cerco di riportare nella mia lingua lo stesso ritmo, lo stesso spirito, la stessa “anima” che ha nell’originale, per invitare il lettore a fare lo stesso, a farsi coinvolgere diventando non solo l’Autore ma anche il protagonista per vivere il libro dall’interno: in questo caso, io ho vissuto il sogno di Janne Frieberg, mi sono identificata nelle sue frustrazioni e nella sua gioia quando è riuscito a uscire dal suo vicolo cieco, trovando così il suo spazio per la sua anima, per se stesso.

G.: L’ultima mia domanda è forse un po’ personale… ma chissà quante volte gliela avranno fatta! Oggi gli Autori svedesi sono più familiari al grande pubblico e i loro libri compaiono nelle nostre librerie (lei stessa è traduttrice di straordinari e famosissimi  Autori di best sellers), ma quando lei ha cominciato, più o meno quarant’anni fa, non è che foste poi in così tanti ad amare quella letteratura, no?

C.G.C.: …Anzi! Per esempio, sono stata la prima, all’ Università di Milano, a laurearsi in Lingue e Letterature Scandinave: all’inizio del corso eravamo in cinque, ma gli ultimi due anni c’ero solo io e avevo a disposizione tre insegnanti tutti per me! Poi sono andata in Svezia, ho conosciuto tante persone, mi sono state aperte tante porte, perché avevo deciso di portare in Italia questa letteratura che avevo imparato ad amare così a fondo e quindi mi sono trovata in una situazione abbastanza privilegiata: ho conosciuto la maggior parte dei miei Autori negli anni ’70, quando ero fresca di università.

G.: Ma che cosa l’ha colpita di quel mondo – ammesso che si possa raccontare il perché di un amore?

C.G.C.: Beh, certamente sono molto italiana, però ho sempre avuto una strana, curiosa attrazione per il Nord… Ma forse non è così strana, visto quello che ho scoperto un po’ di anni fa, parlando con vecchio amico svedese che è professore di genetica e si occupa di ricerche sulle migrazioni dei popoli attraverso lo studio del gruppo sanguigno, di come i vari gruppi sanguigni siano distribuiti nel mondo: mi ha chiesto quale fosse il mio gruppo e quando gli ho detto che il mio è molto raro in Italia mi ha risposto che invece in Svezia è comunissimo, anzi è il più comune! … Questo mi ha finalmente dato la spiegazione scientifica del perché avessi voluto così tenacemente dedicarmi alle lingue e alla letteratura scandinave: evidentemente volevo restituire qualcosa che mi è stato dato geneticamente in passato…!

G.: … Beh, mi sembra la conclusione perfetta, in sintonia con questo libro.

C.G.C.: Sì, c’è un po’ di fantasia, di sogno, … un po’ di tutto!

G.: E’ un bellissimo libro e la ringrazio per averlo reso accessibile a tutti noi: spero di averla presto nuovamente mia ospite per parlare della prossima, e purtroppo ultima, opera di Lars Gustafsson

C.G.C.: Più che volentieri!

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