“Anime di vetro. Falene per il Commissario Ricciardi”: chiacchierata con Maurizio De Giovanni

“Anime di vetro. Falene per il Commissario Ricciardi”

Maurizio De Giovanni

Einaudi 

2015 

pp 440 

€15,00

con Maurizio De Giovanni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rosa se ne è andata.
Lo ha tutelato sino alla fine, nascondendogli la verità sulla sua salute per prendersi il tempo necessario a formare a sua immagine e somiglianza la nipote Nelide, cui ha trasmesso la missione della sua vita: prendersi cura di lui.
Ma adesso Rosa non c’è più.
Ricciardi deve fare i conti con questo nuovo dolore, che scopre più acuto degli altri che lo opprimono, persino più aspro di quello derivante dalla solitudine sociale, e soprattutto affettiva, che gli impone “il Fatto”.
Lo capisce anche Raffaele Maione, il suo braccio destro che, pur nulla sapendo dei fantasmi dei morti di morte violenta che il Commissario vede, intuisce un nuovo straniamento in lui: lo imputa alla scomparsa di Rosa, la tata che è stata per Ricciardi più madre della madre vera, si preoccupa che il suo superiore mangi e dorma a sufficienza, si arrovella per cercare il modo di smuoverlo dalla sua grigia apatia, rafforzata da una specie di incredibile pausa nei crimini consumati in questa Napoli del ventennio fascista.
Ma ecco che a Ricciardi viene proposto di riaprire una inchiesta per omicidio, sbrigativamente conclusa grazie alla spontanea confessione del presunto assassino: la bellissima ed enigmatica Contessa Bianca di Roccaspina, moglie del reo confesso, chiede il suo intervento perché, ne è certa, nel momento in cui l’avvocato Ludovico Piro veniva ucciso suo marito, il conte Romualdo che tutti i beni di famiglia ha dissipato al gioco, era in casa. Ma se la Contessa avesse ragione, perchè il Conte si accuserebbe di un omicidio che non ha commesso? E se davvero è innocente, come può conoscerne i dettagli?
Ricciardi, di solito sempre prudentissimo, in questo caso farà una eccezione e accetterà di indagare muovendosi al limite dei regolamenti di Polizia.
Intorno a lui e alla sua inchiesta, altri personaggi e altre storie: quella di Enrica, alle prese con la scelta fra un brillante e fascinoso pretendente che le offrirebbe una vita sicura e appagante, e il sentimento per Ricciardi, che però la pensa già innamorata dell’altro; quella di Livia, sempre più persa nella sua passione impossibile per il commissario e per questo ancora più fragile; Falco, il misterioso agente segreto, che per ordine del Duce deve proteggerla e, soprattutto, sorvegliarla; la Germania nazista ai suoi primi ma già preoccupanti passi verso il baratro, e altro, molto altro ancora.
Tutto il romanzo è attraversato da una struggente poesia diventata una bellissima canzone napoletana, “Palomma ‘e notte”, che mette in guardia dall’avvicinarsi troppo alla accattivante e pericolosissima fiamma della passione.
E a proposito della canzone,  due parole anche sul “racconto nel racconto” che da essa si snoda e percorre tutto il romanzo: un vecchio musicista, straordinario esecutore della canzone napoletana, diventa il maestro di un giovane altrettanto talentuoso, ma dalla personalità interpretativa ancora acerba. Per fargli capire che cosa significhi cantare e suonare “davvero”, il Maestro gli propone proprio “Palomma ‘e notte”, in cui Salvatore di Giacomo racconta la sofferenza che l’amore e il piacere portano con sé, se si ha l’età della saggezza.
Vi ho presentato l’imperdibile “Anime di vetro- Falene per il Commissario Ricciardi”, Einaudi, ennesimo (e non casuale!) successo di uno scrittore magistrale: Maurizio De Giovanni, da Napoli.

La canzone consigliata: “Palomma ‘e notte”, nella versione di Roberto Murolo

Ecco l’intervista a Maurizio De Giovanni, il cui sono originale trovate in alto, nella sezione audio di questa pagina

 

GIANCARLA: Dunque, Ricciardi è tornato: puoi raccontarci qualcosa di questo ottavo capitolo della sua “saga” (ormai possiamo chiamarla così)?

MAURIZIO DE GIOVANNI: Volentieri. Quando ho cominciato il “Ciclo delle Feste”, subito dopo quello “delle stagioni”, avevo in mente di scrivere quattro romanzi basati sulle Feste; dopo “In fondo al tuo cuore” (2014, Einaudi: ndr), che è ambientato durante la Festa della Madonna del Carmine, quindi il 16 luglio, avrei voluto scrivere un libro sulla Festa di San Gennaro, che è introduttiva dell’autunno e che è una “festa di sangue”, quindi sarebbe stata adatta al genere. Poi, però, “In fondo al tuo cuore” ha avuto degli eventi al suo interno, sono successe delle cose che non diciamo per non togliere il gusto della lettura, che mi hanno fatto pensare che quel ciclo fosse chiuso in anticipo; quindi ho voluto pensare ad un nuovo ciclo, ad una nuova trilogia basata sulle canzoni napoletane classiche. La prima, che fa da motivo conduttore, da mood, da atmosfera del libro più che da colonna sonora, è “Palomma ‘e notte”, una canzone di Salvatore Di Giacomo del 1906, che parla di “sacrificio”, di rinuncia: quindi questo libro è, diciamo, basato su questo sentimento, su questa emozione, inizia il nuovo ciclo ed io sono molto felice del modo in cui i lettori lo hanno accolto. Il romanzo è ai vertici delle classifiche e sono contentissimo, perché vuol dire che Ricciardi è oramai diventato un “vecchio amico” dei lettori italiani.

G.: E’ così, e ne torneremo a parlare: anzi, parliamone subito. Intanto, mi sembra che Ricciardi in questo capitolo compia un importante passo avanti nella sua crescita emotiva, nella professione come nella vita privata: quindi ti chiedo se l’affetto che il pubblico ha per Ricciardi ti crei qualche pressione in proposito.

MDG: … Mi crea molte pressioni! Io vengo spesso e volentieri apostrofato, anche in malo modo ti dirò, dai lettori e soprattutto dalle lettrici di Ricciardi, che mi chiedono conto e ragione di certi eventi che accadono ai personaggi. Io ne sono contento, perché vuol dire che il personaggio è diventato reale, come lo è per me lo è per i lettori: però devo dire, e approfitto anche di te per poterlo dire in pubblico, che io non governo le storie dei miei personaggi. Io immagino la storia “gialla”, perché quella deve essere immaginata per bene, con una costruzione attenta di quello che succede, degli indizi, delle piste, eccetera, ma per quanto riguarda i personaggi li lascio liberi di interagire fra di loro come credono meglio, e ciò comporta anche dei finali e delle storie che spesso non sono quelli che al lettore piacerebbe leggere: però questo dà verità alla storia, le dà una tridimensionalità che è una grande opportunità, sia per chi scrive, sia per chi legge.

G.: Eh, sì: ricordi questa cosa ogni volta che ti è possibile, ed è molto tenero – se posso dirlo – questo tuo senso di abbandono al personaggio. Ma allora, come se tu fossi un lettore ti chiedo: siccome c’è un altro personaggio in costante crescita, ed è il buon Maione, che cosa ti piace in lui?

MDG.: …Ah… Maione, sai, è quello al quale mi piace di assomigliare di più, fra tutti i miei personaggi, perché innanzitutto è grande e grosso come me, poi è innamorato della sua città, è molto padre, anzi è soprattutto padre; è anche innamorato della moglie, affezionato alla propria vita… Maione è un personaggio positivo, ma non per questo non prova sentimenti anche difficili: in “In fondo al tuo cuore” si è trovato di fronte a una crisi di gelosia che gli è stato difficile amministrare. Adesso, in “Anime di vetro”, ha una forte preoccupazione per Ricciardi, che vede infelice, solo, drammaticamente ripiegato su se stesso, e vorrebbe in qualche modo aiutarlo: nei confronti di Ricciardi è molto paterno e questa è una cosa di Maione che mi piace molto e sono ben contento che stia crescendo così.

G.: C’è un altro padre molto importante in questo libro, il papà di Enrica: anche questo della paternità è un tema che ti stai “trovando”?

MDG.: Mah, sai, negli anni Trenta le relazioni familiari erano diverse da come sono oggi; la famiglia veniva prima di qualsiasi altra cosa, non c’era una grande vita sociale all’esterno, gli spostamenti erano più difficili, non c’erano soldi, le distrazioni e le occasioni di incontro erano soltanto per le famiglie molto ricche: quindi, nella borghesia normale  i rapporti familiari erano primari e fondamentali molto più di adesso e duravano per più tempo. Perciò la maternità, la paternità, il senso dei fratelli e anche l’avere un padre e una madre accompagnavano l’educazione dei giovani e anche la “funzione” degli anziani per più tempo di quanto sia oggi, e più intensamente: questo chiaramente comporta che la paternità e la maternità sono degli aspetti irrinunciabili per parlare di passioni. Quando si parla di passioni, quando si parla di emozioni, paternità e maternità diventano veramente centrali, profondamente importanti e non ignorabili: ne deriva che nel mio modo di raccontare questi aspetti sono fondamentali, e raccontarli significa anche approfondirli e farli crescere; e poi, per uno come me che è padre, felice e preoccupato come tutti i padri giorno dopo giorno, la cosa diventa ancora più facilmente sovrapponibile alla mia stessa vita, al mio modo di pensare.

G.: Mi hanno colpito, devo dirti la verità, forse più i personaggi maschili di questo romanzo che non quelli femminili, e in particolare la tua attenzione su Falco: lo so, sono veramente un po’ spericolata a dirti queste cose, ma ho come l’impressione che Falco somigli a Ricciardi più di quanto non sembri…

MDG.: Eh beh, la tua è una deduzione molto intelligente: Falco è l’immagine speculare di Ricciardi. Fino ad ora Falco ha fatto, diciamo così, da “accessorio” di Livia, era un personaggio minore del suo mondo specifico: con questo romanzo Falco assume una individualità forte e diventa probabilmente il nemico seriale di Ricciardi, una figura forte contrapposta a Ricciardi. Siccome l’OVRA, l’organizzazione della polizia politica segreta fascista cui Falco appartiene, in quegli anni diventa sempre più importante e forte, io ho idea che nei prossimi romanzi il suo personaggio diventerà imprescindibile nella sua funzione. Falco è, per lavoro, un solitario, in possesso di sentimenti che coltiva in silenzio e nel segreto della propria personalità, il che lo rende molto simile a Ricciardi, sì.

G.: Adesso parliamo ancora della musica e delle donne, perché io, in preparazione di questo incontro del quale ancora ti ringrazio, ho forse fatto la scoperta dell’acqua calda studiando la storia di “Palomma ‘e notte”: come giustamente hai ricordato, il testo quasi autobiografico, musicato da Francesco Buongiovanni, è di Salvatore di Giacomo, però deriva da una poesia, “La pavegia”, scritta in dialetto veneto da una poetessa di origine armena, la contessa Vittoria Anganoor, molto legata a Napoli. Insomma, Maurizio, questa storia della falena che se va troppo vicina alla fiamma si brucia, l’ha scritta una donna…!

MDG.: Non mi meraviglia: Salvatore Di Giacomo aveva una sensibilità molto femminile. Noi siamo abituati a ricondurre maggiore sensibilità e maggiore spessore sentimentale alle donne, ed è così: le donne provano dei sentimenti e delle emozioni molto più profondamente e in maniera molto più sfaccettata degli uomini, ma Di Giacomo aveva una sensibilità profondamente femminile; molte sue bellissime poesie e straordinarie canzoni, ma non solo (anche il suo romanzo “Assunta Spina” ha come protagonista una gigantesca figura femminile), fanno vedere come Di Giacomo sulle donne si soffermava molto.

G.: In questo romanzo, ovviamente, ci sono le donne fondamentali nella vita di Ricciardi, Enrica e Livia, e poi i nuovi personaggi femminili legati alla vicenda: e poi c’è (uso il presente perché c’è ) Rosa.

MDG.: E’ vero, lei c’è.

G.: Tu hai rivoluto Rosa: ma quanto bene le vuoi?

MDG.: Io voglio enormemente bene a Rosa, ti dico la verità. Siccome uscirà quest’anno il tascabile di “In fondo al tuo cuore” e tu sai che in appendice a questi tascabili metto l’intervista a uno dei personaggi, in “In fondo al tuo cuore” ci sarà l’intervista a Rosa, che ho scritto proprio l’altro ieri: così l’ho dovuta cercare, l’ho dovuta incontrare e, ti dico la verità, è stato molto struggente, mi ha fatto molta tenerezza. Io penso che nella dimensione del sogno, nei pensieri, nei ricordi, ma anche a titolo personale, Rosa la rivedremo, eccome se la rivedremo…

G.: E di questo già ti ringrazio, anche perché ha un nome che mi è molto vicino al cuore, giusto per giocare con i tuoi titoli… Non mi sono scordata Bambinella, qua in grandissima forma. Sai che leggendo sembra davvero di assistere ad una piéce teatrale, quando arriva questo personaggio?

MDG.: Sì, quando c’è Bambinella i toni della commedia effettivamente diventano preponderanti: devo dirti però che Bambinella, nella mia mente, ha uno spessore… E poi devo qualcosa a Bambinella, perché per questo romanzo avevo pensato ad una “sottostoria”, una vicenda secondaria che riguardava, appunto, Bambinella: non c’era lo spazio, perché già così il romanzo ha preso quattrocento pagine lo stesso e non era il caso di allungarlo ulteriormente, però la storia secondaria di Bambinella io non l’ho dimenticata e probabilmente sarà nel prossimo romanzo.

G.:… Ah, che bello! Grazie anche di questa anticipazione! Ma, a proposito di “sottostorie”: il romanzo si apre con una sottostoria, che poi tanto “sotto” non è perché diventa il fil rouge del romanzo, e cioè l’incontro fra un giovane e talentuoso cantante-chitarrista con un Maestro anziano, isolato dal mondo. Anche qui, Maurizio, mi lancio: io ho pensato che il ragazzo fosse Roberto Murolo…

MDG.: Guarda, non posso risponderti…

G.: Ah, caspita!

MDG.: … No, perché incontreremo in tutti e tre i romanzi della trilogia il Professore e il Ragazzo, che avranno una loro storia, una loro evoluzione. Io non so dirti, non posso dirti in che tempo siamo: il Professore ed il Ragazzo sono in un loro tempo, che potrebbe essere quello di Ricciardi, ma potrebbe anche essere successivo… E quindi c’è una storia che riguarda questi due personaggi, che seguiremo ancora e troveremo in tutti e due i romanzi successivi della serie, sempre in forma di prologo, interludio ed epilogo.

G.: Bene, bellissimo. Stavi dicendo prima, e noi tutti ne siamo molto contenti anche se non ce ne meravigliamo, che “Anime di vetro” sta avendo un grandissimo successo: però anche il precedente “Gelo”, della serie dei “Bastardi di Pizzofalcone” (2014, Einaudi: ndr), è piaciuto molto e ancora piace. Qualche anno fa, quando mi avevi anticipato la nascita di questa nuova forma di “serialità” (se mi passi questa brutta espressione) avevi aggiunto: “Mi sto proprio misurando da un punto di vista letterario e creativo”.
Adesso come ti muovi, artisticamente appunto, fra questi due ambiti?

MDG.: Guarda, mi piace pensare alla attività di scrittura, per quanto riguarda me, come ad una attività di artigianato: non mi illudo di avere un aspetto artistico nella mia scrittura, perché penso che serva a raccontare la storia, e non deve essere la storia un’occasione per scrivere, per “ascoltare” la propria scrittura. Penso che la scrittura debba fare da supporto e penso alla scrittura di Ricciardi e dei “Bastardi”, alternata, come a quelle diverse colture che si fanno per migliorare i minerali del terreno, sai quando si usa ogni tot anni coltivare qualche altra cosa per fare in modo che il terreno riguadagni la propria fertilità? A me piace molto alternare i “Bastardi” con Ricciardi, perché sono due mondi profondamente diversi da un punto di vista etico, è diverso proprio raccontarli, e raccontare la nuova storia dei “Bastardi”, che scriverò per quest’inverno, devo dirti che mi intriga moltissimo, perché mi avvicina di nuovo ad un mondo dal quale forzatamente, per scrivere di Ricciardi, mi ero allontanato. Se scrivessi soltanto una delle due serie non abbandonerei mai quel mondo e questo, secondo me, è sbagliato proprio dal punto di vista della “gioventù” della creazione, della primarietà della storia: quindi sono ben contento di alternare le due storie.

G.: Però, Maurizio, non ti si può lasciare solo cinque minuti, che tu pubblichi un libro: stiamo parlando, naturalmente, di “Anime di vetro”, abbiamo citato “Gelo per i Bastardi di Pizzofalcone”, ma nel frattempo (ricordando che tu parli del “tuo” Napoli anche in questo romanzo, citando la fondazione della società calcistica e ribadendo che il colore della città è l’azzurro) hai pubblicato anche “Il resto della settimana” (2015, Rizzoli: ndr). Ti va di dirci qualcosa di quel romanzo… calcistico? E’ un regalo che ti sei fatto, no?

MDG.: Sì, sì, mi sono divertito molto… Io ho ottenuto da Einaudi la possibilità di pubblicare con il Gruppo Rizzoli e con Bompiani, il primo trimestre di ogni anno e quindi lontano dalle due uscite di Ricciardi e dei “Bastardi”, un libro che non sia un giallo: l’ho voluto fare per esplorare nuovi settori della scrittura, nuove idee, e il primo di questi romanzi ho voluto che fosse profondamente appassionato, in cui potere anche raccontare numerosi aneddoti che mi riguardano personalmente, qualcosa successo a me, e quindi ho voluto parlare dell’effetto di questa “malattia” (non si chiamerebbe “tifo”, del resto, se non fosse una malattia) che la passione per il calcio su una città come Napoli, che le emozioni non le nasconde mai e, anzi, quando prova un’emozione la moltiplica per due, per tre, la fa vedere e la urla per strada. Io, appunto, mi sono molto divertito e spero si siano divertiti anche i lettori: ma credo di sì, perché il libro ha avuto un ottimo successo e ne sono molto contento.

G.: Bene. Ho un’ultima domanda che, se vuoi, è una curiosità: confermi che sia dalla serie di Ricciardi, sia da quella dei “Bastardi di Pizzofalcone” sarà tratta una fiction?

MDG.: Sì, è così: prima uscirà quella dei “Bastardi” e poi quella di Ricciardi e in entrambi i progetti sono già in un avanzato stadio di scrittura per la fiction su Rai Uno.

G.: Quindi ti sentiremo presto come sceneggiatore, immagino…

MDG.: Sì, sarà un piacere. Ogni volta che ci sentiamo, per me è un piacere, Giancarla, lo sai, quindi, quando vorrai io sono disponibilissimo a fare una chiacchierata con te e, attraverso te, con i tuoi lettori.

G.: Grazie, Maurizio, sei proprio la persona che sappiamo… E per ringraziarti, siccome è come se questo fosse una specie di salotto virtuale, mi permetto di offrirti un bel caffè fatto come Dio comanda e una sfogliatella… E sai dove ce lo beviamo, questo caffè?

MDG: …Dove? Al “Gambrinus”, giustamente! E un saluto a tutti i lettori!

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